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Volodyk - Paolini3-Brisingr

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Le sei guardie fuori dal padiglione - due umani, due nani e due Urgali - incrociarono le armi quando Roran si avvicinò, e uno degli Urgali, un colosso dall'aria ferina e dalle zanne gialle, lo bloccò dicendo: «Chi va là?» Il suo accento era quasi incomprensibile.

«Roran Fortemartello, figlio di Garrow. Nasuada mi ha mandato a chiamare.»

Battendosi il pugno sul pettorale, che emise un forte clangore metallico, l'Urgali annunciò: «Roran Fortemartello chiede udienza, Lady Furianera.»

«Fallo entrare» rispose lei da dentro.

I guerrieri alzarono le armi e Roran passò in mezzo, circospetto. Loro lo fissarono e lui ricambiò l'occhiata con l'aria di chi è pronto a combattere.

Dentro il padiglione, Roran si allarmò nel vedere gran parte dei mobili rovesciati o distrutti. Gli unici che sembravano intatti erano uno specchio montato su un'asta e il grande scranno su cui era seduta Nasuada. Senza fare commenti, Roran posò un ginocchio a terra e chinò il capo.

L'aspetto e il portamento di Nasuada erano così diversi da quelli delle donne con cui Roran era cresciuto che il giovane uomo non sapeva come comportarsi. Aveva un che di singolare e maestoso, con il lungo abito ricamato e le catenelle d'oro intrecciate nei capelli, e la pelle scura che in quel momento aveva una sfumatura rossastra dovuta al colore del tessuto delle pareti. In netto contrasto con il resto, aveva gli avambracci fasciati di candide bende, testimonianza dello straordinario coraggio che aveva dimostrato alla Prova dei Lunghi Coltelli. La sua impresa era stata l'argomento principale delle conversazioni dei Varden fin da quando Roran era tornato con Katrina. Era uno dei pochi aspetti di lei che Roran sentiva di capire, perché anche lui sarebbe stato disposto a qualunque sacrificio pur di proteggere coloro che amava. Era solo un caso che lei avesse a cuore migliaia di persone, mentre lui voleva proteggere la sua famiglia e il suo villaggio.

«Prego, alzati» disse Nasuada. Lui fece come richiesto e posò la mano sulla testa del martello, mentre aspettava che lei lo osservasse. «La mia posizione mi consente di rado il lusso di parlare in modo diretto, Roran, ma oggi con te sarò franca. Mi sembri un uomo che apprezza la sincerità, e abbiamo tante cose di cui parlare e poco tempo a disposizione.»

«Ti ringrazio, mia signora. Non mi sono mai piaciuti i giri di parole.»

«Perfetto. E allora, per essere franca, ti dirò che mi hai messa di fronte a due problemi che non so come risolvere.»

Roran si accigliò. «Che genere di problemi?»

«Uno riguarda il carattere, l'altro è di natura politica. Le tue gesta nella Valle Palancar e poi durante la fuga con i tuoi compaesani sono a dir poco incredibili. Mi inducono a pensare che tu sia dotato di una mente brillante, e sia abile a combattere, a elaborare strategie, capace di indurre la gente a seguirti con indiscutibile lealtà.»

«Mi hanno seguito, certo, ma non hanno mai smesso di discutere.»

Un lieve sorriso le increspò le labbra. «Può darsi. Ma sono ancora tutti qui, non è vero? Roran, tu possiedi doti molto preziose per i Varden. Posso supporre che tu desideri metterle al nostro servizio?»

«Certo.»

«Come sai, Galbatorix ha diviso il suo esercito e ha inviato delle truppe a sud per dare man forte alla città di Arughia, a ovest verso Feinster, e a nord verso Belatona. Spera di prolungare la guerra nel tentativo di prosciugare le nostre forze attraverso piccole scaramucce. Io e Jörmundur non possiamo essere in una decina di posti diversi nello stesso momento. Abbiamo bisogno di capitani che possano occuparsi della miriade di scontri che scoppiano ovunque intorno a noi. È in questo frangente che potresti dimostrarci quanto vali. Ma...» La sua voce si spense.

«Ma non sai ancora se puoi fidarti di me.»

«Giusto. Proteggere gli amici e la famiglia è una cosa, ma come ti comporteresti senza di loro? Ti reggeranno i nervi? E pur sapendo comandare, saprai anche obbedire agli ordini? Non voglio sminuire il tuo valore, Roran, ma qui è in gioco il futuro di Alagaësia, e non posso rischiare di porre un incompetente a capo dei miei uomini. Questa guerra non perdona certi errori. Né sarebbe giusto, nei confronti degli uomini che sono fra i Varden da molto più tempo, darti il comando su di loro senza una giusta ragione. Devi meritare il tuo incarico.»

«Capisco. Che cosa vuoi che faccia, allora?»

«Ah, purtroppo non è così semplice, perché tu ed Eragon siete come fratelli, e questo complica le cose. Sono sicura che capisci benissimo che Eragon è la chiave di volta delle nostre speranze. È importante quindi proteggerlo da qualsiasi distrazione affinché si concentri sul compito che lo aspetta. Se ti mando in battaglia e tu muori, il dolore e la rabbia potrebbero sconvolgerlo. L'ho già visto succedere. Per giunta, devo stare molto attenta a chi ti pongo accanto, perché ci sono persone che cercheranno di influenzarti proprio per la tua parentela con Eragon. Perciò adesso hai un'idea abbastanza precisa della portata delle mie preoccupazioni. Hai qualcosa da dire in merito?»

«Se il mondo stesso è in gioco e la guerra imperversa in ogni angolo del paese come tu sostieni, allora dico che non puoi permetterti di lasciarmi da parte. E usarmi come soldato semplice sarebbe uno spreco di risorse. Ma questo già lo sai. Quanto alla politica...» Roran si strinse nelle spalle. «Non m'importa un accidente di chi mi metti accanto. Nessuno potrà arrivare a Eragon usandomi. Il mio unico obiettivo è sconfiggere l'Impero affinché la mia gente e la mia famiglia possano tornare a casa e vivere in pace.»

«Sei molto deciso.»

«Già. Non potresti farmi restare a capo degli uomini di Carvahall? Ci consideriamo tutti una grande famiglia, e lavoriamo bene insieme. Mettimi alla prova in questo modo, così i Varden non ne subiranno le conseguenze, se dovessi fallire.»

Nasuada scosse la testa. «No. In futuro, forse, ma non ancora. Hanno bisogno di un addestramento adeguato e non posso giudicare il tuo rendimento se sei circondato da uomini così fedeli da aver abbandonato le loro case e attraversato tutta Alagaësia su tua richiesta.»

Mi considera una minaccia, pensò Roran. La mia capacità di influenzare i miei compaesani la rende diffidente. Nel tentativo di tranquillizzarla, disse: «I miei compagni hanno avuto solo il buonsenso a guidarli. Sapevano che era una follia restare nella valle.»

«Non puoi spiegare così facilmente il loro comportamento, Roran.»

«Cosa vuoi da me, signora? Vuoi che ti serva oppure no? E se sì, come?»

«Questa è la mia offerta. Stamattina i miei stregoni hanno individuato una pattuglia di ventitré soldati di Galbatorix diretta a est. Sto per mandare un contingente agli ordini di Martland Barbarossa, conte di Thun, per distruggerli e nel contempo esplorare il territorio. Se sei d'accordo, servirai sotto Martland. Lo ascolterai, gli obbedirai e, si spera, imparerai da lui. Lui, a sua volta, ti osserverà e mi farà rapporto giudicando se sei adatto o meno a una promozione. Martland è un guerriero molto esperto, e mi fido della sua opinione. Ti pare un'offerta ragionevole, Roran Fortemartello?»

«Sì. Solo... quando dovrei partire, e per quanto tempo starò via?» «Dovresti partire oggi stesso e tornare nel giro di due settimane.»

«Allora sono costretto a chiederti se puoi aspettare e mandarmi con un'altra spedizione fra qualche giorno. Mi piacerebbe essere qui quando Eragon ritorna.»

«L'affetto che nutri per tuo cugino è ammirevole, ma gli eventi si susseguono in fretta e non possiamo permetterci indugi. Non appena saprò che fine ha fatto Eragon, chiederò a un membro del Du Vrangr Gata di cercarti per riferirti le notizie, buone o cattive che siano.»

Roran strofinava il pollice sullo spigolo aguzzo del martello mentre cercava di trovare una risposta che convincesse Nasuada a cambiare idea e nel contempo non lo costringesse a rivelare il proprio segreto. Alla fine capì che era impossibile e si rassegnò a dirle la verità. «Hai ragione. Sono preoccupato per Eragon, ma lui più di chiunque altro sa badare a se stesso. Vederlo sano e salvo non è l'unico motivo per cui voglio restare.»

«Perché allora?»

«Perché Katrina e io vogliamo sposarci, e ci piacerebbe che fosse Eragon a celebrare la cerimonia.»

Risuonò una rapida serie di ticchettii quando Nasuada cominciò a tamburellare con le unghie sui braccioli dello scranno. «Se credi che ti permetterò di ciondolare da queste parti mentre potresti essere di grande aiuto per i Varden solo perché tu e Katrina possiate godervi la vostra prima notte di nozze con qualche giorno di anticipo, allora ti sbagli di grosso.»

«È una questione piuttosto urgente, Lady Furianera.»

Le dita di Nasuada si fermarono a mezz'aria, e i suoi occhi si ridussero a due fessure. «Urgente quanto?»

«Prima ci sposiamo, meglio sarà per l'onore di Katrina. Se un po' mi conosci, sai che non ti chiederei mai un favore per me stesso.»

Nasuada inclinò la testa da un lato. «Capisco... Ma perché Eragon? Perché vuoi che sia lui a celebrare la cerimonia? Perché non qualcun altro, magari un membro anziano del tuo villaggio?»

«Perché è mio cugino e gli voglio bene, e perché è un Cavaliere. Katrina ha perso tutto per colpa mia... la casa, suo padre e la sua dote. Non posso rimpiazzare queste cose, ma voglio almeno regalarle una cerimonia di nozze degna di essere ricordata. Senza oro o bestiame, non posso pagare per un matrimonio sfarzoso, perciò devo trovare altri mezzi per rendere memorabili le nostre nozze, e mi pare che non ci sia niente di più grandioso che avere un Cavaliere dei Draghi che ci sposa.»

Nasuada rimase in silenzio così a lungo che Roran cominciò a chiedersi se era un segno di congedo. Poi: «Sarebbe certo un grande onore farsi celebrare il matrimonio da un Cavaliere dei Draghi, ma sarebbe una giornata triste per Katrina se dovesse accettare la tua mano senza una dote adeguata. I nani mi hanno ricoperta di oro e gioielli quando vivevo a Tronjheim. Alcuni li ho usati per finanziare i Varden, ma quello che mi resta basta ancora ad abbigliare una donna di raso e visone per molti anni a venire. Saranno di Katrina, se sei d'accordo.»

Stupefatto, Roran s'inchinò di nuovo. «Ti ringrazio. La tua generosità è commovente. Non so come potrò mai ripagarti.»

«Ripagami combattendo per i Varden come hai combattuto per Carvahall.»

«Lo farò, te lo giuro. Galbatorix maledirà il giorno che ha mandato i Ra'zac a cercarmi.»

«Sono sicura che lo sta già facendo. Ora vai. Potrai restare all'accampamento fino a quando Eragon non tornerà e celebrerà le tue nozze con Katrina. Ma mi aspetto di vederti già in sella il mattino dopo.»

♦ ♦ ♦

LUPO DI SANGUE

Che uomo fiero, pensò Nasuada guardando Roran uscire dal padiglione. Interessante: lui ed Eragon sono simili sotto molti aspetti, eppure sono diversi nel profondo. Eragon sarà anche uno dei più micidiali guerrieri di Alagaësia, ma non e una persona dura o crudele. Roran invece è tenace e inflessibile. Spero che non si metta mai sulla mia strada: sarei costretta a distruggerlo per fermarlo.

Controllò le bende e, soddisfatta che fossero ancora fresche e pulite, suonò la campanella per ordinare a Farica di servirle il pranzo. Dopo che la cameriera le ebbe portato il vassoio col cibo e si fu ritirata nella propria tenda, Nasuada fece un cenno a Elva, che emerse dal suo nascondiglio dietro il pannello in fondo al padiglione. Insieme condivisero il pasto di mezzogiorno.

Nasuada passò le due ore seguenti controllando gli ultimi rapporti sull'inventario dei Varden, calcolando il numero di convogli di carri necessari a spostare i Varden più a nord, sommando e sottraendo cifre che rappresentavano le finanze del suo esercito. Inviò messaggi ai nani e agli Urgali, ordinò ai fabbri di aumentare la produzione di punte di lancia, minacciò il Consiglio degli Anziani di scioglimento - come faceva quasi ogni settimana - e si occupò degli altri affari dei Varden. Poi, con Elva al fianco, balzò in sella al suo stallone Tempesta e andò a trovare Trianna, che aveva catturato un membro della rete di spionaggio di Galbatorix, la Mano Nera, e lo stava interrogando.

Mentre lasciava la tenda di Trianna insieme a Elva, Nasuada sentì un trambusto provenire da nord. Acclamazioni e grida di esultanza; poi un uomo emerse dalla foresta di tende, correndo verso di lei. Senza dire una parola, le guardie le formarono intorno un muro compatto, tranne un Urgali che si piazzò sul percorso dell'uomo, con la clava alzata. L'uomo rallentò fino a fermarsi e, ansante, gridò: «Lady Nasuada! Gli elfi sono qui! Gli elfi sono arrivati!»

Per un folle, improbabile momento, Nasuada pensò che intendesse la regina Islanzadi e il suo esercito, poi ricordò che Islanzadi era dalle parti di Ceunon: nemmeno gli elfi potevano spostare un intero esercito attraverso tutto il territorio di Alagaësia in meno di una settimana. Devono essere i dodici maghi che Islanzadi ha mandato per proteggere Eragon.

«Presto, il mio cavallo» disse, facendo schioccare le dita. Le braccia le bruciarono quando montò Tempesta. Aspettò che l'Urgali più vicino sollevasse Elva per farla montare in sella con lei, poi diede di sprone al destriero. I muscoli dell'animale scattarono come molle quando lei lo spinse al galoppo. China sul collo dell'animale, Nasuada lo guidò lungo un viale sterrato tra due file di tende, schivando uomini e bestie, saltando sopra un barile che le sbarrava la strada. Gli uomini non parvero prendersela, anzi, risero, e la inseguirono per vedere anche loro gli elfi con i propri occhi.

Quando arrivarono all'ingresso settentrionale dell'accampamento, Nasuada ed Elva scesero da cavallo e scrutarono l'orizzonte.

«Eccoli» disse Elva, puntando il dito.

A quasi due miglia di distanza, dodici figure alte e snelle emersero da un boschetto di ginepri, le sagome tremolanti nella calura del pomeriggio. Gli elfi correvano tutti insieme, così leggeri e veloci che i loro piedi non alzavano polvere, dando l'impressione che fluttuassero a mezz'aria. Nasuada si sentì formicolare la nuca; la loro velocità era affascinante, ma anche innaturale. Le ricordarono un branco di predatori che insegue una preda. Provò lo stesso senso di pericolo di quando aveva avvistato uno Shrrg, un lupo gigante, sui Monti Beor.

«Spettacolo intrigante, eh?»

Nasuada trasalì nel vedere Angela accanto a sé. La seccava e la turbava come l'erborista riuscisse sempre a comparire al suo fianco senza farsi notare. Elva avrebbe dovuto avvertirla del suo arrivo. «Come fai a essere sempre presente quando capita qualcosa di interessante?»

«Oh, be', mi piace sapere cosa succede, e trovarmi sul posto è molto più rapido che aspettare che qualcuno mi racconti dopo cosa è accaduto. La gente tende a tralasciare dettagli importanti, tipo se una persona ha l'anulare più lungo dell'indice, o se ha uno scudo magico a proteggerla, o se il mulo che cavalca ha sulla fronte una macchia a forma di testa di gallo. Non sei d'accordo anche tu?»

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