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Volodyk - Paolini2-Eldest

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Roran sogghignò. «Ottima idea. Mi rivolgo a quelli che hanno figli. Fateli andare a prendere i cavalli, per poter trascinare qui gli alberi.» Gli uomini assentirono e si sparpagliarono per Carvahall a prendere seghe e accette. Roran fermò Darmen e disse: «Assicurati che gli alberi abbiano rami lungo tutto il tronco, altrimenti sarà inutile.» «Tu dove vai?» chiese Darmen.

«A lavorare a un'altra linea di difesa.» Roran lo lasciò per correre a casa di Quimby, dove trovò Brigit occupata a inchiodare assi alle finestre.

«Sì?» disse lei.

Lui le spiegò per sommi capi il suo piano con gli alberi. «Voglio scavare una trincea all'interno dello sbarramento di alberi, per rallentare chiunque riesca a passare. Potremmo persino piantare dei pali appuntiti sul fondo e...» «Vieni al punto, Roran.»

«Vorrei che fossi tu a organizzare il gruppo delle donne e dei bambini in grado di scavare. Non posso fare tutto da solo, e non ci resta molto...» Roran la guardò dritto negli occhi. «Ti prego.»

Brigit aggrottò la fronte. «Perché lo chiedi a me?»

«Perché tu, come me, odi i Ra'zac, e so che faresti di tutto per fermarli.»

«Già» mormorò Brigit, poi battè le mani decisa. «Molto bene, come desideri. Ma non dimenticherò mai, Roran Garrowsson, che siete stati tu e la tua famiglia a decretare il fato di mio marito.» Si allontanò a grandi passi, senza lasciargli il tempo di rispondere.

Roran accettò il livore della donna con serenità; doveva aspettarselo, tenendo conto del lutto che l'aveva colpita. Era fortunato, anzi, che la donna non avesse preteso una faida di sangue. Si riscosse e andò di corsa all'incrocio dove la strada maestra entrava a Carvahall. Era il punto più debole del villaggio e necessitava di una doppia protezione. Non dobbiamo più permettere ai Ra'zac di aprirsi un varco con un'esplosione.

Roran reclutò Baldor, e insieme cominciarono a scavare una trincea perpendicolare alla strada. «Dovrò andarmene presto» lo avvertì Baldor, fra una picconata e l'altra. «Papà ha bisogno di me alla fucina.»

Roran borbottò il suo assenso senza alzare gli occhi. Mentre lavorava, la sua mente tornò ad affollarsi di ricordi dei soldati: come gli erano parsi mentre li colpiva, e la sensazione, l'orribile sensazione di fracassare un corpo come fosse legno marcio. Si fermò, nauseato, e notò il fermento che animava Carvahall, mentre la gente si preparava al prossimo attacco.

Quando Baldor se ne andò, Roran completò da solo la trincea profonda fino alla cintola, poi andò alla bottega di Fisk. Col permesso del carpentiere, prese cinque lunghi pali di legno stagionato e li fece trascinare dai cavalli fino alla strada maestra. Lì infilò i pali appuntiti nella trincea, formando una barriera impenetrabile.

Mentre compattava il terreno intorno alla base dei pali, arrivò Darmen. «Abbiamo gli alberi. Li stanno sistemando proprio come hai detto.» Roran lo accompagnò ai margini settentrionali di Carvahall, dove dodici uomini sgobbavano per allineare quattro pini dalle verdi chiome rigogliose, mentre un tiro di cavalli, spronati dalla frusta di un ragazzino tornava sulle colline pedemontane. «Quasi tutti stanno sistemando gli alberi abbattuti. Gli altri si sono fatti trascinare dalla passione: sembravano decisi ad abbattere tutta la foresta quando me ne sono andato.»

«Bene, il legno in più ci sarà utile.»

Darmen indicò una catasta di rovi accumulata ai margini del podere di Kiselt. «Li ho tagliati lungo l'Anora. Usali dove serve. Io vado a cercarne degli altri.»

Roran gli diede una pacca sulla schiena, poi si avviò nella zona orientale di Carvahall, dove una lunga fila di donne, bambini e uomini lavorava nella terra. Trovò Brigit che impartiva ordini come un generale, e distribuiva acqua da bere agli scavatori. La trincea era già larga cinque piedi e profonda due. Quando Brigit si fermò per riprendere fiato, Roran disse: «Sono colpito.»

Lei si scostò una ciocca di capelli senza guardarlo. «Prima di tutto abbiamo arato il terreno. Così è stato più facile.» «Hai una pala da darmi?» chiese. Brigit gli indicò un cumulo di attrezzi dall'altro capo della trincea. Sul cammino intravvide lo scintillio ramato dei capelli di Katrina in mezzo alle altre schiene curve. Al suo fianco, Sloan il macellaio aggrediva il terreno con un'energia rabbiosa e ossessiva, come se volesse scuoiare la terra, privarla della sua pelle di argilla per esporre i muscoli sottostanti. I suoi occhi scintillavano di luce selvaggia, e i suoi denti lampeggiavano in un ghigno malevolo, malgrado i granelli di terra che gli insozzavano le labbra.

Roran rabbrividì davanti all'espressione di Sloan, e si affrettò a superarlo, voltando il viso per evitare di incontrare i suoi occhi iniettati di sangue. Afferrò un badile e lo affondò nel terreno, facendo del suo meglio per dimenticare le preoccupazioni con la fatica fisica.

La giornata proseguì in un continuo susseguirsi di attività, senza intervalli per mangiare o riposare. La trincea diventò sempre più lunga e profonda, finché non circondò due terzi del villaggio e raggiunse le sponde dell'Anora. La terra smossa venne accumulata sul bordo interno della trincea, nel tentativo di impedire a chiunque di saltarla, e di rendere difficile a chiunque uscirne.

Lo sbarramento di alberi venne terminato nel primo pomeriggio. Roran smise di scavare per aiutare ad appuntire i numerosi rami - contorti e intrecciati - e spargere le matasse di rovi. Di tanto in tanto dovevano spostare un albero affinchè i contadini come Ivor potessero guidare il bestiame al sicuro, all'interno di Carvahall.

Giunta la sera, le fortificazioni erano più robuste ed estese di quanto Roran avesse osato sperare, ma occorrevano ancora lunghe ore di lavoro per completare l'opera come desiderava.

Si sedette in terra, a masticare un pezzo di pane lievitato e a guardare le stelle attraverso il velo di nebbia della stanchezza. Una mano gli si posò su una spalla; era Albriech. «Tieni.» Albriech gli porse un rozzo scudo fatto di assi segate e inchiodate e una lancia lunga sei piedi. Roran li accettò con gratitudine, poi Albriech si allontanò per distribuire lance e scudi a chiunque incontrasse.

Roran si costrinse a rimettersi in piedi, andò a prendere il martello a casa di Horst e così armato andò all'imbocco della strada maestra, dove Baldor e altri due montavano di guardia. «Svegliami quando hai bisogno di riposare» disse Roran, sdraiandosi sull'erba soffice sotto la grondaia di una casa vicina. Posò le armi in maniera tale da trovarle anche al buio e chiuse gli occhi, in trepida attesa.

«Roran.»

La voce gli aveva sussurrato nell'orecchio destro. «Katrina?» Si affannò a mettersi seduto, battendo le palpebre quando lei socchiuse lo sportellino della lanterna e un fascio di luce gli colpì la gamba. «Che cosa ci fai qui?» «Volevo vederti.» I suoi occhi, grandi e misteriosi sul volto pallido, erano pozzi di ombre notturne. Katrina lo prese per mano e lo condusse sotto un portico deserto, lontano dalle orecchie indiscrete di Baldor e degli altri. Lì gli posò le mani sulle guance e lo baciò teneramente, ma lui era troppo stanco e preoccupato per rispondere con trasporto. Lei si ritrasse e lo studiò. «Qualcosa non va, Roran?»

Una risata senza allegria gli sfuggì di gola. «Qualcosa non va? Il mondo non va! È tutto storto, come una cornice appesa di sghimbescio.» Si piantò un pugno nello stomaco. «E sono io che non vado. Ogni volta che tento di pensare ad altro, vedo i soldati che sanguinano sotto il mio martello. Uomini che ho ucciso, Katrina. E i loro occhi... i loro occhi! Sapevano che stavano per morire, e non potevano farci niente.» Cominciò a tremare nel buio. «Loro sapevano... io sapevo... ma dovevo farlo. Non potevo...» Le parole gli vennero meno, quando sentì le calde lacrime scorrergli lungo il viso.

Katrina gli prese la testa fra le braccia e lo cullò, mentre Roran finalmente piangeva tutto il suo dolore. Piangeva per Garrow e per Eragon; piangeva per Parr, Quimby e gli altri morti; piangeva per se stesso; e piangeva per il destino di Carvahall. Singhiozzò finché la marea di emozioni non si ritrasse, lasciandolo prosciugato e inaridito come un guscio vuoto.

Tratto un profondo respiro, Roran guardò Katrina e si accorse delle sue lacrime, che asciugò con il pollice, dove brillarono come diamanti nella notte. «Katrina... amore mio.» Lo disse di nuovo, assaporando le parole. «Amore mio. Non ho niente da offrirti, se non il mio amore. Ma... devo chiedertelo. Vuoi sposarmi?»

Nella fioca luce della lanterna, Roran vide il volto di lei irradiare pura gioia e stupore. Poi Katrina esitò, e comparve l'ombra del dubbio. Roran non avrebbe dovuto farle quella domanda, e lei non avrebbe dovuto accettare, senza il permesso di Sloan. Ma a Roran non importava più; doveva sapere, e subito, se lui e Katrina avrebbero trascorso il resto della vita insieme.

«Sì, Roran» rispose lei in un soffio. «Sarò tua moglie.»

Sotto un cielo di piombo

Quella notte piovve.

Enormi masse di nuvole grigie si addensarono sulla Valle Palancar, aggrappandosi alle montagne con artigli tenaci; l'aria era satura di una nebbiolina densa e fredda. Dal coperto, Roran guardava la fitta cortina di pioggia che batteva sulle tremule foglie degli alberi, riduceva in fanghiglia la trincea intorno a Carvahall e inzuppava i tetti di paglia, scorrendo a fiumi giù dalle grondaie, mentre le nuvole si liberavano del loro carico. Tutto era fradicio, appannato e nascosto dall'inesorabile diluvio.

A metà mattina il temporale era cessato, anche se un'acquerugiola persistente continuava a filtrare dalla nebbia. Quando Roran andò a rilevare la guardia presso la barricata sulla strada maestra, si ritrovò subito capelli e abiti bagnati. Si accovacciò accanto ai pali aguzzi, scrollò il mantello e si tirò il cappuccio sul viso, cercando di ignorare il freddo. Malgrado il tempo, Roran era raggiante e in cuor suo esultava per la risposta di Katrina. Erano fidanzati! Aveva la sensazione che un pezzo mancante del mondo si fosse finalmente incastrato al posto giusto, che gli fosse stata infusa l'audacia di un guerriero invulnerabile. Che importavano i soldati, o i Ra'zac, o l'Impero stesso, davanti a un amore come il loro? Non erano altro che fuscelli al vento.

Nonostante il suo nuovo stato di grazia, però, non riusciva a distogliere la mente da quello che era diventato il fulcro della sua esistenza: assicurarsi che Katrina sopravvivesse alle ire di Galbatorix. Non pensava ad altro da quando si era svegliato. La cosa migliore per Katrina sarebbe andare da Cawley, decise, gli occhi fissi sulla strada nebbiosa, ma lei non accetterebbe mai di andarsene... a meno che Sloan non glielo ordini. Dovrei riuscire a convincerlo; sono sicuro che la vuole lontano dal pericolo almeno quanto me.

Mentre rifletteva sulla maniera migliore di accostarsi al macellaio, le nuvole tornarono ad addensarsi e la pioggia rinnovò il suo assalto al villaggio, scrosciando a ondate gelide e pungenti. Le pozzanghere intorno a Roran si animarono, colpite dalle gocce d'acqua che rimbalzavano come cavallette impaurite.

Quando gli venne fame, Roran passò la guardia a Lame - il figlio più giovane di Loring - e andò verso casa per pranzare, correndo dal riparo di una grondaia a un altro.

Svoltando un angolo, rimase sorpreso nel vedere, sul portico, Albriech che discuteva animatamente con un gruppo di uomini.

Ridley gridava: «... sei cieco... Seguiamo il pioppeto e non ci vedranno mai! Ti stai cacciando in una situazione senza via d'uscita.»

«Provaci, se ci tieni» ribatte Albriech.

«Puoi scommetterci!»

«Così mi potrai dire se ti piace il sapore delle frecce.»

«Magari» intervenne Thane «noi non siamo degli smidollati come te.»

Albriech si girò di scatto verso di lui, con un ringhio. «Le tue parole sono vuote come il tuo cervello. Non sono io lo stupido a rischiare la vita della mia famiglia portandola al riparo di qualche foglia che non ho mai nemmeno visto.» Thane strabuzzò gli occhi e la sua faccia si coprì di chiazze viola. «Be'?» incalzò Albriech. «Ti sei mangiato la lingua?» Thane ruggì e sferrò un pugno sullo zigomo di Albriech.

Il giovane si mise a ridere. «Sei debole come una femminuccia.» Poi prese Thane per le spalle e lo scaraventò giù dal portico, facendolo volare in mezzo al fango, dove rimase stordito e umiliato.

Impugnando la lancia come un bastone, Roran balzò davanti ad Albriech, impedendo a Ridley e agli altri di aggredirlo. «Basta» ringhiò Roran, su tutte le furie. «I nostri nemici sono altri. Più in là potremo organizzare un'assemblea e gli arbitri decideranno se il risarcimento spetta ad Albriech o a Thane. Ma fino a quel momento non possiamo azzuffarci fra di noi.»

«Per te è facile parlare» sibilò Ridley. «Tu non hai moglie o figli.» Poi aiutò Thane a rimettersi in piedi e si allontanò col gruppo di uomini.

Roran squadrò Albriech con aria severa, mentre un livido violaceo si allargava sotto l'occhio destro dell'uomo. «Chi ha cominciato?» chiese. «Io...» Albriech s'interruppe con una smorfia e si tastò lo zigomo. «Ero andato in perlustrazione con Darmen. I Ra'zac hanno appostato i soldati sulle colline. In questo modo possono controllare l'Anora e tutta la valle. Uno o due di noi potrebbero, dico potrebbero, riuscire a svignarsela senza farsi vedere, ma non ce la faremo mai a portare i bambini da Cawley senza uccidere i soldati. Tanto varrebbe dire ai Ra'zac dove stiamo andando.» Roran si sentì prendere dal panico, come un veleno che gli scorreva nelle vene e nel cuore. Cosa faccio? Fiaccato dalla sensazione di un destino incombente, cinse le spalle di Albriech con un braccio. «Andiamo. Sarà meglio che Gertrude ti dia un'occhiata.»

«No» disse Albriech, liberandosi dalla stretta con una scrollata di spalle. «Ha casi più gravi del mio.» Trasse un lungo respiro - come se stesse per tuffarsi in un lago - e si slanciò sotto la pioggia battente diretto alla fucina. Roran lo guardò allontanarsi, poi scosse il capo ed entrò in casa. Trovò Elain seduta sul pavimento, circondata da un gruppo di bambini che affilavano un mucchio di punte di lancia con lime e cote. Roran fece un cenno a Elain, e quando furono in un'altra stanza, le raccontò quello che era appena accaduto.

Elain imprecò con violenza - una sorpresa, perché Roran non l'aveva mai sentita usare un linguaggio simile - poi gli domandò: «E questo basta perché Thane proclami una faida?»

«Può darsi» ammise Roran. «Si sono insultati a vicenda, ma le offese di Albriech sono state le più gravi... Tuttavia, è stato Thane a colpire per primo. Avreste tutti i diritti di dichiarare voi stessi una faida.»

«Sciocchezze» sentenziò Elain, avvolgendosi uno scialle sulle spalle. «Questo è un caso da sottoporre ad arbitrato. Se dovremo pagare un'ammenda, che sia, purché si eviti uno spargimento di sangue.» E con queste parole, uscì dalla stanza, stringendo in mano una lancia finita.

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