Volodyk - Paolini1-Eragon.doc
Eragon esitò; poi gli narrò gli eventi fin da quando aveva trovato l'uovo sulla Grande Dorsale. Provò un meraviglioso senso di sollievo nel potersi finalmente confidare con qualcuno. Brom fece qualche domanda, ma per la maggior parte del tempo ascoltò con attenzione. Il sole stava per tramontare quando Eragon giunse alla fine del racconto. Entrambi rimasero in silenzio mentre le nuvole si tingevano di rosa. Alla fine Eragon disse: «Vorrei tanto sapere da dove viene. Saphira non ricorda.»
Brom inclinò la testa da un lato. «Non so... Mi hai chiarito molti aspetti di questa storia. Sono sicuro che nessuno, oltre a noi, ha visto Saphira. I Ra'zac dovevano avere una fonte di informazioni al di fuori di questa valle, una persona che probabilmente adesso è già morta... Hai passato momenti difficili e te la sei cavata egregiamente. Sono impressionato. »
Eragon fissò nel vuoto, poi chiese: «Che cosa ti è successo alla testa? Sembra che ti abbia colpito un sasso.»
«No, ma ci sei andato vicino.» Trasse una lunga boccata di fumo dalla pipa. «Mi aggiravo intorno all'accampamento dei Ra'zac quando è calata la sera, cercando di scoprire quello che potevo, ma mi hanno sorpreso nell'ombra. Era una buona occasione, ma mi hanno sottovalutato e sono riuscito a sfuggire al loro agguato. Tuttavia» aggiunse amareggiato. «ho dovuto pagare questo tributo alla mia stupidità. Stordito, sono caduto a terra e non ho ripreso i sensi se non il giorno dopo. A quel punto loro erano già arrivati alla tua fattoria. Era troppo tardi per fermarli, ma li ho cercati comunque. È stato quando ci siamo incontrati per la strada.»
Ma chi crede di essere, per poter affrontare i Ra'zac da solo? Gli hanno teso un agguato nel buio, e lui è rimasto solo stordito? Turbato, Eragon chiese con foga: «Quando hai visto il mio marchio, il gedwey ignasia, perché non mi hai detto chi erano i Ra'zac? Avrei avvertito Garrow invece di andare prima da Saphira, e tutti e tre saremmo potuti fuggire.»
Brom sospirò. «Non sapevo che cosa fare. Pensavo di poter tenere i Ra'zac lontani da te. Una volta che fossero partiti, ti avrei chiesto di Saphira. Ma loro mi hanno battuto in astuzia, È un errore di cui mi pento amaramente, un errore che ti è costato caro.»
«Chi sei?» esclamò Eragon indignato. «Come mai un semplice cantastorie di campagna possiede la spada di un Cavaliere? Come mai sai tante cose sui Ra'zac?»
Brom tamburellò le dita sulla pipa. «Mi sembrava di aver già detto che di questo non voglio parlare.»
«Mio zio è morto per questo. Morto!» gridò Eragon, tagliando l'aria con la mano. «Finora mi sono fidato di te perché Saphira ti rispetta. Ma adesso basta! Tu non sei la persona che ho conosciuto in tutti questi anni a Carvahall, Dimmi chi sei.»
Per un lunghissimo istante Brorri guardò il fumo dilatarsi fra loro, la fronte solcata da rughe sempre più profonde. Quando si mosse, fu solo per trarre un'altra boccata. Infine disse: «Probabilmente non ci hai mai pensato, ma ho trascorso gran parte della mia vita lontano dalla Valle Palancar, È stato solo a Carvahall che ho assunto il ruolo di cantastorie. Ho recitato diverse parti per diverse persone... il mio passato è complicato. È anche per il desiderio di sfuggirgli che sono venuto qui. E comunque hai ragione, non sono l'uomo che pensavi che fossi.»
«Ah!» sbuffò Eragon. «E allora chi sei?»
Brom sorrise con dolcezza. «Sono colui che è qui per aiutarti. Non disprezzare queste parole, perché sono le più sincere che abbia mai pronunciato. Ma non risponderò alla tua domanda. In questo momento non ti serve conoscere la "mia storia, né ti sei guadagnato questo diritto. Sì, possiedo conoscenze che Brom il cantastorie non potrebbe mai avere, ma io sono più di lui. Dovrai imparare a convivere con questo, e con il fatto che non elargisco descrizioni della mia vita a chiunque me le chieda!»
Eragon lo guardò, corrucciato. «Vado a dormire» disse, e si allontanò dal fuoco.
Brom non parve sorpreso, ma nei suoi occhi comparve un'ombra di dolore. Distese la sua coperta accanto al fuoco, mentre Eragon si coricava al fianco di Saphira. Un silenzio glaciale calò sull'accampamento.
L'ARTE DEL SELLAIO
Q
uando Eragon aprì gli occhi, il ricordo di Garrow lo investì con tutto il suo dolore straziante. Si trasse le coperte sulla testa e pianse in silenzio nel buio tepore. Quanto avrebbe voluto restare così, nascondersi per sempre dal resto del mondo. Le lacrime cessarono di sgorgare.
Maledisse Brom. Si asciugò le guance e si alzò a malincuore.
Brom stava preparando la colazione. «Buongiorno» disse. Eragon grugnì un saluto. S'infilò le mani ghiacciate sotto le ascelle e si accovacciò davanti al fuoco, in attesa che il cibo fosse pronto. Mangiarono in fretta, prima che si raffreddasse. Quando ebbero finito, Eragon lavò la sua ciotola con la neve, poi distese le pelli rubate sul terreno.
«Che cosa vuoi fare con quelle?» domandò Brom. «Non possiamo portarle con noi.» «Voglio fare una sella per Saphira.»
«Mmm» disse Brom, avvicinandosi. «Sai, i draghi usavano due tipi di selle. Le prime erano dure, sagomate come una sella per cavalli. Ma per farle ci vogliono tempo e attrezzi adatti. Le altre erano più sottili, nient'altro che uno strato imbottito fra il Cavaliere e il suo drago. Si usavano quando era necessario essere rapidi e mobili, anche se non erano comode come quelle sagomate.» «Sai com'erano fatte?» disse Eragon.
«Meglio: posso fartene una.»
«Allora prego» disse Eragon, facendosi da parte.
«D'accordo, ma sta' attento. Un giorno potresti aver bisogno di fartela da solo.» Con il permesso di Saphira. Brom le prese le misure del collo e del torace. Poi ricavò cinque strisce da una delle pelli, e sulle altre disegnò e ritagliò una decina di sagome. Infine tagliò il resto in lunghe fettucce sottili. Usò le fettucce per cucire insieme i pezzi, ma per ogni punto servivano due buchi, ed Eragon lo aiutò a praticarli. Al posto delle borchie, usarono nodi complicati; ogni nastro di pelle era lungo più del necessario, affinchè la sella si adattasse alla dragonessa anche nei mesi a venire. La parte principale della sella era composta da tre parti identiche, cucite insieme e imbottite. Davanti era fissato un robusto cappio da infilare su una delle punte del collo di Saphira, mentre ampie strisce cucite su entrambi i lati avevano passare sotto il suo ventre per poi essere annodate. Al posto delle staffe c'era una serie di nodi scorsoi su entrambe le fasce. Una volta stretti, avrebbero fornito appoggio ai piedi di Eragon. Un'altra lunga fascia doveva issare davanti alle zampe anteriori di Saphira, divisa in due, per poi risalire e unirsi alla sella.
Mentre Brom lavorava, Eragon riparò il suo zaino e sistemò le provviste. La giornata volgeva al termine quando ebbero finito. Esausto. Brom posò la sella su Saphira e controllò tutte le cinghie. Fece qualche modifica, poi la tolse, soddisfatto.
«Hai fatto un ottimo lavoro» dovette ammettere Eragon.
Brom chinò il capo. «Ho cercato di fare del mio meglio, dovrebbe andarti bene; la pelle è abbastanza robusta.»
Non vuoi provarla? chiese Saphira.
Magari domani, disse Eragon, e ripose la sella con le coperte. Adesso è troppo tardi. In verità, non aveva molta voglia di volare di nuovo, non dopo il disastroso risultato della prima volta. Prepararonouna cena veloce, semplice ma gustosa. Mentre mangiavabo. Brom guardò Eragon oltre il fuocoe chiese: «Partiremo Domani?»
«Non c’è ragione per restare.»
«Suppongo di no.» Si dondolò , un po’ teso. «Eragon, mi rincresce davvero per come sono andate le cose. Non avrei mai voluto che accadesse. La tua famiglia non meritava una simile tragedia. Se potessi fare qualcosa per tornare indietro, lo farei. E’ una situazione drammatica per tutti noi.» eragon rimase in silenzi, evitando lo sguardo di Brom. Il vecchio disse: «Avremo bisogno di cavalli.»
«Tu, forse, ma io ho Saphira.»
Brom, scosse il capo. «Non esiste cavallo al mondo che possa tenere dietro a un drago volante, e Saphira è troppo giovane per portarci entrambi. E poi sarà più sicuro se viaggiamo insieme, e a cavallo faremo prima che a piedi.»
«Ma così sarà più difficile raggiungere i Ra’zac» protestò Eragon.«In sella a Saphira, potrei trovarli in un giorno o due. A cavallo ci vorrà molto di più…se mai sarà possibile rintracciarli via terra!» Brom disse lentamente: «E’ un rischio che devi correre, se vuoi che venga con te.» Eragon riflettè:«D’accordo» borbottò. «prendiamo i cavalli. Ma dovrai comprarli. Io non ho soldi, e non voglio rubare ancora è sbagliato.»
«Dipende dai punti di vista» lo corresse Brom con un lieve sorriso. «Prima che ti imbarchi in questa avventura, ricorda che i tuoi nemici, i Ra’zac, sono servi del re. Saranno protetti ovunque andranno. Nessuna legge li ferma. Nelle città otterranno abbondanti provviste e incontreranno servitori ossequiosi. E ricorda che per Galbatorix niente è più importante che arruolarti o ucciderti, per quanto dubito che la notizia della tua esistenza lo abbia già raggiunto. Più a lungo riesci a eludere i Ra’zac, più disperato diverrà. Saprà che giorno per giorno tu diventerai più forte e che ogni momento che passa è un'occasione per unirti ai suoi nemici. Devi stare molto attento, perché potrai facilmente trasformarti da cacciatore in cacciato.»
Eragon rimase colpito da quelle parole e restò in silenzio a pensare, rigirandosi un rametto tra le dita. «Ora basta con le parole» disse Brom. «È tardi e mi fanno male le ossa. Potremo continuare domani.» Eragon annuì e ridusse il fuoco per la notte.
THERINSFORD
L
’alba era grigia, spazzata da un vento tagliente. La foresta era silenziosa. Dopo una leggera colazione. Brom ed Eragon spensero il fuoco e si misero gli zaini in spalla, pronti a partire. Eragon legò l'arco e la faretra a un lato dello zaino per poterli raggiungere facilmente in caso
di necessità. Saphira accettò la sella; l'avrebbe portata finché non avessero trovato i cavalli. Eragon fissò anche Zar'roc al dorso della dragonessa per poter viaggiare più leggero; per giunta, nelle sue mani, la magnifica spada non avrebbe avuto più valore di un bastone.
Si era sentito al sicuro nella radura tra i rovi, ma fuori di là ogni suo movimento era intriso di cautela, Saphira si alzò e prese a volare in cerchio. La vegetazione si assottigliava via via che si avvicinavano alla fattoria.
Rivedrò ancora questo posto, si disse Eragon davanti alle macerie della sua casa. Non può e non deve essere un esilio per sempre. Un giorno, quando sarà sicuro, tornerò... Drizzò le spalle e guardò a sud, verso le ignote terre barbariche.
Mentre camminavano, Saphira virò a ovest, verso le montagne, e scomparve alla vista, Eragon si sentì turbato vedendola andar via. Anche senza nessuno intorno, non potevano restare insieme. La dragonessa doveva nascondersi, nel caso che avessero incontrato qualche viaggiatore. Le orme dei Ra'zac erano lievi sulla neve che si andava sciogliendo, ma Eragon non era preoccupato, Era improbabile che avessero abbandonato la strada maestra, la via più rapida per lasciare la valle, e si fossero inoltrati nei boschi. Tuttavia, una volta fuori dalla valle, la strada si diramava. Sarebbe stato difficile scoprire quale direzione avevano preso i Ra'zac. Viaggiavano in silenzio, concentrati sull'andatura. Le gambe di Eragon continuavano a sanguinare dove le ferite si erano aperte. Per distogliere la mente dal dolore, disse: «Cosa sono in grado di fare esattamente i draghi? Hai detto che sai qualcosa delle loro capacità.»
Brom rise e fece un gesto in aria con la mano. Lo zaffiro dell'anello brillò. «Purtroppo si tratta di un ben misero qualcosa, in confronto a quello che mi piacerebbe sapere. Sono secoli che la gente tenta di dare una risposta alla tua domanda; perciò capisci bene che ciò che ti dirò sarà di necessità incompleto. I draghi sono sempre stati creature misteriose, anche se non per loro volontà. «Prima di rispondere alla tua domanda, però, sarà bene che ti illustri qualche principio essenziale sui draghi. Cominciare dalla metà di un argomento così complesso, senza conoscere le basi su cui si fonda, servirebbe solo a confonderti. Quindi partirò dal ciclo vitale dei draghi, e se non ti stanchi potremo proseguire oltre.»
Brom gli spiegò come si accoppiano i draghi e il procedimento di schiusa delle uova. «Sai» disse. «quando un drago depone l'uovo, il piccolo all'interno è già pronto a nascere. Ma aspetta, a volte per anni, che le circostanze siano favorevoli. Quando i draghi vivevano allo stato brado nella natura, tali circostanze venivano dettate di norma dalla disponibilità di cibo. Tuttavia, una volta stretta l'alleanza con gli elfi, ogni anno essi consegnavano un certo numero di uova, di solito non più di due, ai Cavalieri. I piccoli all'interno non decidevano di mostrarsi finché la persona destinata a essere il loro Cavaliere non si trovava alla loro presenza. Non si conosce il modo in cui lo avvertivano; di solito le persone si mettevano in fila e toccavano le uova, sperando di essere scelte.» «Vuoi dire che Saphira avrebbe potuto anche non nascere davanti a me?» domandò Eragon. «È possibile, se non le fossi piaciuto.»
Eragon si sentì onorato che fra tutti gli abitanti di Alagasëia la dragonessa avesse scelto lui. Si chiese per quanto tempo avesse aspettato, poi rabbrividì al pensiero di sentirsi chiuso in un uovo, immerso nel buio.
Brom continuò la sua lezione. Gli spiegò che cosa mangiano i draghi, e quando. Un drago adulto dedito a una vita sedentaria, disse, può trascorrere anche mesi senza nutrirsi, ma nella stagione degli amori deve mangiare ogni settimana. Alcune piante sono in grado di curare le loro malattie, spiegò, mentre altre li fanno ammalare, Essi hanno diversi modi di prendersi cura dei loro artigli e di pulire le squame.
Gli spiegò le tecniche da usare quando si attacca una sella a un drago e che cosa si deve fare se invece ci si trova a combattere contro uno di loro, a piedi, a cavallo o anche in groppa a un altro drago. Hanno il ventre corazzato, aggiunse, mentre le ascelle sono un punto debole. Eragon lo interrompeva di continuo per fare domande, e Brom sembrava lieto di rispondere. Le ore passarono senza che i due se ne accorgessero.
Quando arrivò la sera, erano giunti vicino a Therinsford. Mentre il cielo si oscurava e cercavano un luogo dove accamparsi, Eragon domandò: «Chi era il Cavaliere che possedeva Zar'roc?» «Un guerriero potente» disse Brom. «che ai suoi tempi incuteva grande timore e rispetto.» «Come si chiamava?»
«Questo non te lo dico» tagliò corto Brom. Eragon protestò, ma il vecchio non cedette. «Non voglio tenerti nell'ignoranza, ma ci sono informazioni che sono pericolose, e al momento servirebbero solo a distrarti. Non c'è ragione per cui io debba turbarti con certe cose finché non avrai il modo e la capacità di affrontarle. Il mio unico obiettivo è proteggerti da coloro che vorrebbero usarti per scopi malvagi.»