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Volodyk - Paolini3-Brisingr

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Questa terra è buona da coltivare, pensò. Ritornò col pensiero alla Valle Palancar e rivide il campo d'orzo della fattoria inondato di sole autunnale - file ordinate di steli dorati che ondeggiavano nella brezza - con il fiume Anora a ovest e le montagne innevate che svettavano su entrambi i lati della valle. Dovrei essere laggiù, ad arare la terra e mettere su famiglia con Katrina, non qui a innaffiare il terreno con linfa di membra umane.

«Ehi, Fortemartello!» gridò il capitano Edric in sella al cavallo, facendogli un cenno. «Non startene lì con le mani in mano, altrimenti cambio idea e ti lascio di guardia con gli arcieri.»

Roran si scrollò la polvere dai pantaloni di pelle e si rialzò. «Signorsì! Agli ordini, signore!» disse, mascherando l'antipatia che provava per il capitano. Da quando si era unito alla compagnia di Edric, Roran aveva cercato di apprendere il più possibile sul suo conto. E in base alle voci che circolavano aveva concluso che Edric era un condottiero competente - Nasuada altrimenti non gli avrebbe mai affidato una missione così importante

- ma dai modi aspri, e puniva i suoi guerrieri alla minima violazione delle regole da lui imposte, come Roran aveva imparato a proprie spese in tre diverse occasioni già il primo giorno nella sua compagnia. Secondo lui era uno stile di comando che minava il morale dei sottoposti, scoraggiandone la creatività e l'inventiva. Forse Nasuada mi ha assegnato a lui proprio per questa ragione, pensò. O magari è un'altra delle sue prove. Forse vuole sapere se riesco a rinunciare al mio orgoglio tanto da lavorare con un uomo come Edric.

Risalito in groppa a Fiammabianca, Roran cavalcò fino alla testa della colonna di duecentocinquanta uomini. La loro missione era semplice: poiché Nasuada e re Orrin avevano ritirato il grosso delle forze dal Surda, Galbatorix aveva deciso di approfittare della loro assenza per portare morte e distruzione nel paese indifeso, saccheggiando cittadine e villaggi, e bruciando i campi che fornivano le colture necessarie a sostenere l'invasione dell'Impero. La maniera più semplice per sbarazzarsi dei soldati sarebbe stata mandare Saphira allo scoperto per farli a pezzi, ma a meno che non dovesse raggiungere Eragon per qualche motivo, erano tutti d'accordo nel ritenere troppo pericoloso per i Varden privarsi di lei. Così Nasuada aveva inviato la compagnia di Edric a respingere i soldati, che secondo le spie dovevano essere circa trecento. Tuttavia, due giorni prima, Roran e il resto dei guerrieri avevano scoperto con sgomento una serie di impronte che indicavano che le forze di Galbatorix si assestavano piuttosto sulle settecento unità.

Tenendo Fiammabianca per le redini, Roran affiancò Carn sulla sua giumenta pomellata e, grattandosi il mento, studiò il terreno. Davanti a loro c'era una vasta distesa d'erba ondulata, punteggiata da qualche sporadico boschetto di salici o pioppi. In alto i falchi volavano in circolo, a caccia di topi, conigli, piccoli roditori e altri animali selvatici che si nascondevano fra l'erba. L'unica prova del passaggio degli uomini era la striscia di vegetazione calpestata che puntava verso l'orizzonte a est, indicando la direzione presa dal contingente.

Carn alzò lo sguardo verso il sole di mezzogiorno. Una ragnatela di rughe gli si formò intorno agli occhi socchiusi. «Dovremo superarli prima che le nostre ombre si allunghino.»

«E allora scopriremo se siamo abbastanza per scacciarli» borbottò Roran «o per essere massacrati. Una volta tanto, mi piacerebbe che fossimo più numerosi dei nostri nemici.»

Un sorriso sinistro apparve sul volto di Carn. «È sempre così con i Varden.»

«Allineatevi!» urlò Edric, e spronò il cavallo per lanciarsi lungo la pista di erba calpestata. Roran serrò la mascella e diede un colpetto di talloni nei fianchi di Fiammabianca, mentre la compagnia seguiva il capitano.

Sei ore più tardi, Roran era in groppa a Fiammabianca, nascosto in un boschetto di betulle che crescevano lungo la sponda di un fiumiciattolo stagnante, soffocato da giunchi e viluppi di alghe. Attraverso l'intrico di rami davanti a sé, osservava un villaggio grigio e cadente, composto da non più di una ventina di case. Aveva schiumato di rabbia quando aveva visto i villici che, appena scorti i soldati avanzare da ovest, si erano affrettati a raccogliere i loro pochi averi per fuggire a sud, verso il cuore del Surda. Fosse dipeso da lui, Roran avrebbe svelato la presenza della compagnia agli abitanti del villaggio e avrebbe garantito loro che non rischiavano di perdere le case, non se lui e i suoi compagni erano lì a impedirlo, perché ricordava fin troppo bene il dolore, la disperazione e l'amarezza che aveva provato nell'abbandonare Carvahall. Se avesse potuto, avrebbe risparmiato ai villici quelle angosce e avrebbe chiesto agli uomini di combattere insieme a loro. Dieci o venti uomini armati in più avrebbero potuto fare la differenza fra la vittoria e la sconfitta, e Roran conosceva meglio di chiunque altro il fervore con cui la gente combatte quando si tratta di difendere la propria casa. Purtroppo Edric aveva respinto la sua idea e insistito affinché i Varden rimanessero nascosti fra le colline a sud-est del villaggio.

«Siamo stati fortunati, sono a piedi» mormorò Carn indicando la colonna rossa di soldati che marciava verso il villaggio. «Altrimenti non ce l'avremmo fatta ad arrivare qui per primi.»

Roran scoccò un'occhiata alle sue spalle, verso gli uomini radunati dietro di loro. Edric gli aveva affidato il comando temporaneo di ottantuno guerrieri, fra spadaccini, lancieri e cinque o sei arcieri. Uno dei parenti di Edric, Sand, guidava altri ottantuno uomini della compagnia, mentre il resto era sotto il comando dello stesso Edric. Tutti e tre i gruppi erano ammassati nel boschetto di betulle, un grave errore, secondo Roran: il tempo necessario a schierarsi una volta usciti allo scoperto sarebbe stato un prezioso regalo per i soldati nemici, che così avrebbero potuto organizzare le proprie difese.

Roran si sporse verso Carn e disse: «Non vedo nessuno di loro monco o storpio o ferito, ma questo non prova nulla. Sai dirmi se fra di loro ci sono uomini che non sentono il dolore?»

Carn sospirò. «Vorrei poterlo fare. Tuo cugino potrebbe, perché gli unici stregoni che Eragon deve temere sono Murtagh e Galbatorix, ma io sono un mago mediocre e non oso sondare la mente dei soldati. Se ci fossero degli stregoni nascosti fra di loro, sentirebbero subito che ci sono io a spiarli, e probabilmente non riuscirei nemmeno a entrare nella loro mente prima che avvertano i compagni che ci troviamo qui.»

«A quanto pare, ogni volta che stiamo per combattere ci ritroviamo ad affrontare questa stessa discussione» osservò Roran. Nel frattempo studiava gli armamenti dei soldati, cercando di decidere come meglio schierare i suoi uomini.

Con una risata amara, Carn disse: «Proprio così. Spero solo di continuare a farlo, perché altrimenti...»

«Uno di noi sarebbe morto, se non entrambi...»

«Oppure vorrebbe dire che Nasuada ci ha assegnati a capitani diversi...»

«E allora tanto varrebbe essere morti, perché nessuno ci guarderebbe le spalle altrettanto bene» concluse Roran. Un sorriso gli sfiorò le labbra. Si scambiavano sempre quella battuta prima di combattere. Estrasse il martello dalla cintura e trasalì sentendo una fitta alla gamba destra, là dove il bue gli aveva lacerato la carne con il corno. Accigliato, tese la mano e si massaggiò la ferita.

Carn se ne accorse e gli domandò: «Stai bene?»

«Non morirò» rispose Roran, poi riconsiderò le parole dette. «O forse sì, ma che mi venga un colpo se resto qui ad aspettare mentre tu vai laggiù a massacrare quegli zotici.»

Raggiunto il villaggio, i soldati lo attraversarono a passo di marcia e, fermandosi davanti a ogni casa, abbatterono le porte per irrompere nelle stanze e controllare che non ci fosse nessuno nascosto. Un cane sbucò di corsa da dietro un barile per raccogliere l'acqua piovana e, con i peli del collo gonfi e arruffati, cominciò ad abbaiare contro i soldati. Uno degli uomini fece un passo avanti e gli scagliò addosso una lancia, uccidendolo sul colpo.

Non appena il primo dei soldati ebbe raggiunto l'estremità opposta del villaggio, Roran serrò la mano intorno al manico del martello preparandosi alla carica, ma poi udì una serie di strilli acuti e fu preso dal terrore. Uno squadrone di soldati emerse dalla penultima casa trascinando fuori tre persone che si divincolavano: un uomo allampanato dai capelli bianchi, una giovane donna con la blusa strappata e un ragazzino di non più di undici anni.

La fronte di Roran s'imperlò di sudore. Cominciò a imprecare piano, sottovoce, maledicendo i tre prigionieri per non essere fuggiti con gli altri, maledicendo i soldati per quanto avevano fatto e stavano per fare, maledicendo Galbatorix e maledicendo i capricci del fato responsabile della situazione. Sentiva gli uomini alle sue spalle agitarsi e mugugnare, impazienti di punire i soldati per la loro brutalità.

Dopo aver setacciato tutte le case, i soldati tornarono sui propri passi fino al centro del villaggio e formarono un rozzo semicerchio intorno ai prigionieri.

Sì! esultò Roran dentro di sé, mentre i soldati davano la schiena ai Varden. Il piano di Edric era di aspettare proprio quel momento. In attesa dell'ordine di carica, Roran si sollevò dalla sella di una spanna, il corpo in tensione. Provò a deglutire, ma aveva la gola troppo secca.

L'ufficiale in capo dei soldati, l'unico a cavallo, smontò dal suo destriero e scambiò qualche parola incomprensibile con l'uomo dai capelli bianchi. Poi, senza alcun preavviso, sguainò la spada e decapitò il vecchio, facendo un balzo indietro per evitare lo spruzzo di sangue. La giovane donna urlò ancora più forte di prima.

«Carica» disse Edric.

Roran impiegò mezzo secondo per capire che la parola pronunciata da Edric con tanta calma era il comando atteso.

«Carica!» gridò Sand dall'altro lato di Edric, e un istante dopo si lanciò al galoppo con i suoi uomini fuori dal boschetto di betulle.

«Carica!» gridò Roran, e affondò i talloni nei fianchi di Fiammabianca. Mentre il cavallo si gettava nel groviglio di rami, Roran alzò lo scudo per proteggersi, poi lo abbassò di nuovo quando uscirono allo scoperto per galoppare giù dal fianco della collina in un fragore di zoccoli scalpitanti. Nella speranza di riuscire a salvare almeno la donna e il bambino, Roran spronò il cavallo al limite delle sue possibilità. Guardandosi indietro, fu contento di vedere che il suo contingente si era staccato dal resto dei Varden senza difficoltà; tranne pochi ritardatari, la maggior parte avanzava in un gruppo compatto a meno di trenta piedi da lui.

Scorse Carn cavalcare nell'avanguardia di Edric, il mantello grigio che svolazzava nel vento. Ancora una volta rimpianse che Edric non gli avesse permesso di restare nello stesso gruppo.

Secondo gli ordini, Roran non entrò direttamente nel villaggio, ma deviò a sinistra per aggirare le case e fiancheggiare i soldati, per poterli attaccare da un'altra direzione. Sand fece lo stesso a destra, mentre Edric e i suoi guerrieri puntarono dritti sul villaggio.

Anche se una fila di case gli impedì di vedere l'impatto iniziale, Roran udì un coro di urla concitate, poi una serie di strani schiocchi metallici, e ancora grida di uomini e nitriti di cavalli.

Preoccupato, si sentì torcere le budella. Cos'era quel rumore? Archi di metallo? Esistono davvero armi del genere? Qualunque fosse il motivo, sapeva che non avrebbe dovuto sentire così tanti nitriti di cavalli in agonia. Rabbrividì quando si rese conto che l'attacco era fallito e che la battaglia poteva già essere perduta.

Quando oltrepassò l'ultima casa, tirò forte le redini di Fiammabianca e lo guidò verso il centro del villaggio. Alle sue spalle, i suoi uomini lo imitarono. Quasi duecento iarde di fronte a sé vide una tripla fila di soldati schierati fra due case, a bloccare il passaggio. I soldati sembravano non aver alcun timore dei cavalli che correvano verso di loro.

Roran esitò. Gli ordini erano chiari: lui e i suoi uomini dovevano caricare il lato ovest e farsi strada fra le truppe di Galbatorix fino a ricongiungersi con Sand ed Edric. D'altro canto, Edric non gli aveva detto che cosa fare se, una volta raggiunta la posizione, avesse scoperto che cavalcare dritti verso i soldati non era più una tattica efficace. Roran sapeva che disobbedire agli ordini, anche per evitare di far massacrare i suoi uomini, gli sarebbe costato l'accusa d'insubordinazione e una punizione esemplare da parte di Edric.

In quel momento i soldati scostarono i voluminosi mantelli e sollevarono le balestre già cariche.

E fu sempre in quel momento che Roran decise che avrebbe fatto il possibile per garantire ai Varden la vittoria. Non avrebbe permesso ai soldati di annientare il suo gruppo con un'unica pioggia di frecce solo per evitare le spiacevoli conseguenze di un atto di disobbedienza agli ordini del suo capitano.

«Al riparo!» urlò, e tirò con forza le redini di Fiammabianca, obbligando l'animale a compiere una brusca sterzata dietro una casa. Un istante dopo, una decina di dardi si conficcarono nel lato dell'edificio. Guardandosi attorno, Roran vide che tutti i suoi guerrieri, tranne uno, erano riusciti a mettersi al riparo dietro le case vicine prima che il nemico lanciasse la salva di dardi. L'unico troppo lento giaceva sanguinante nella polvere, con una coppia di dardi affondati nel petto: gli avevano trapassato la cotta di maglia come se fosse stata un foglio di carta. Terrorizzato dall'odore del sangue, il cavallo dell'uomo ucciso scalciò e fuggì dal villaggio, in una scia di polvere.

Roran tese un braccio e afferrò il bordo di una trave sul lato della casa, tenendo fermo Fiammabianca mentre cercava un modo per uscire da quella situazione disperata. I soldati lo avevano intrappolato insieme ai suoi uomini; non potevano tornare allo scoperto senza essere trafitti da così tanti dardi che avrebbero finito per somigliare a porcospini.

Un gruppo di suoi guerrieri uscì dal riparo dietro una casa vicina all'edificio che nascondeva Roran e lo raggiunse. «Che cosa dobbiamo fare, Fortemartello?» gli domandarono. Non sembravano turbati dal fatto che avesse disobbedito agli ordini; anzi, lo fissavano con rinnovata fiducia.

Roran si guardò intorno, cercando di ragionare il più in fretta possibile. Per caso, i suoi occhi si posarono sull'arco e sulla faretra legati alla sella di uno degli uomini. Sorrise. Soltanto pochi di quei guerrieri combattevano da arcieri, ma tutti avevano arco e frecce per poter cacciare e contribuire al sostentamento della compagnia quando si trovavano da soli in luoghi selvaggi senza l'appoggio del resto dei Varden.

Roran indicò la casa contro cui era appoggiato e disse: «Prendete gli archi e arrampicatevi sul tetto, e appostatevi lì, quanti più riuscite; se tenete alla vita, però, state giù fino a nuovo ordine. Al mio segnale, cominciate a colpire il nemico e continuate finché non resterete a corto di frecce o finché anche l'ultimo soldato non sarà morto. Chiaro?»

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