Volodyk - Paolini3-Brisingr
con cui ora maledici Galbatorix.»
Frustrato, Eragon rispose: «Sì, ma il punto è che non devi diventare migliore o peggiore, solo diverso. Al mondo ci sono tanti tipi di persone e
tanti modi di comportarsi con onore. Pensa a qualcuno che ammiri ma che
ha scelto una strada diversa dalla tua, e modella le tue azioni sulle sue.
Forse ti ci vorrà un po', ma se riesci a trasformare la tua personalità a sufficienza, tu e Castigo potrete lasciare Galbatorix e l'Impero, e unirvi a noi e
ai Varden, dove sarete liberi di fare ciò che volete.»
Che ne è stato del tuo giuramento di vendicare la morte di Rothgar? gli
chiese Saphira, ma Eragon la ignorò.
Murtagh lo derise. «E così mi stai chiedendo di essere chi non sono.
Fammi capire: se io e Castigo vogliamo salvarci, dobbiamo distruggere la
nostra identità, vero? La tua cura è peggiore della nostra pena.» «Ti sto chiedendo di dare la possibilità a te stesso di crescere e diventare
diverso da ciò che sei ora. È difficile, lo so, ma le persone non fanno che
reinventarsi. Liberati della tua rabbia, e potrai voltare le spalle a Galbatorix
una volta per tutte.»
«Liberarmi della mia rabbia?» Murtagh rise. «Solo quando tu ti libererai
della tua per ciò che ha fatto l'Impero a tuo zio e alla tua fattoria. È la rabbia a definirci, Eragon. Senza di essa io e te saremmo cibo per i vermi.
Tuttavia...» Con gli occhi socchiusi, Murtagh tamburellò sulla guardia a
crociera di Zar'roc e intanto i tendini del collo gli si distesero, benché la
vena che gli scorreva in mezzo alla fronte fosse ancora gonfia. «Devo ammetterlo, l'idea mi intriga. Forse ci potremo lavorare insieme quando saremo a Urû'baen. Sempre che il re ci consenta di restare uniti. Naturalmente
potrebbe anche decidere di tenerci separati per sempre. Fossi in lui, non
avrei dubbi a scegliere questa seconda possibilità.»
Eragon serrò le dita attorno all'elsa del falcione. «A quanto pare sei convinto che verremo con te nella capitale.»
«Oh, certo, fratello.» Le labbra di Murtagh si tirarono in una specie di
sorriso. «Pur volendo, io e Castigo non riusciremmo mai a cambiare in un
baleno ciò che siamo. Fino a quando non avremo l'opportunità di farlo, rimarremo fedeli a Galbatorix, e lui ci ha ordinato senza mezzi termini di
catturarvi. Non vogliamo affrontare la delusione del re. Vi abbiamo già
sconfitti una volta: sarà un gioco da ragazzi ripetere l'impresa.» Dalle fauci di Saphira divampò una fiammata; Eragon aveva pronta una
risposta sullo stesso tono, ma la ricacciò in gola. Se avesse perso le staffe,
ci sarebbe stato un inevitabile spargimento di sangue. «Murtagh, Castigo,
vi prego, non volete almeno tentare di fare come vi ho suggerito? Non desiderate opporvi a Galbatorix? Se non siete disposti ad affrontarlo, non vi
libererete mai delle vostre catene.»
«Tu lo sottovaluti, Eragon» grugnì Murtagh. «Sono secoli che rende
schiave le persone sfruttandone il nome, fin da quando reclutò nostro padre. Pensi che non sappia che il vero nome di ognuno cambia nel corso
della vita? Di sicuro ha preso precauzioni contro quest'eventualità. Se il
mio vero nome o quello di Castigo dovessero cambiare in questo preciso
istante, con ogni probabilità ciò evocherebbe un incantesimo che allerterebbe Galbatorix, costringendoci a tornare subito a Urû'baen in modo che
lui possa legarci di nuovo a sé.»
«Solo se indovina quali sono i vostri nuovi nomi, però...»
«In questo è un maestro.» Murtagh prese Zar'roc dalla sella. «Potremmo
seguire il tuo suggerimento in futuro, ma solo dopo un attento studio e una
ponderata preparazione. Non voglio rischiare che io e Castigo riconquistiamo la libertà solo perché un attimo dopo Galbatorix ce la rubi di nuovo.» Levò la spada; la lama iridescente vibrò. «Dunque non abbiamo altra
scelta se non portarvi con noi a Urû'baen. Ci seguirete di vostra spontanea
volontà?»
Incapace di trattenersi ancora, Eragon esclamò: «Piuttosto mi strappo il
cuore con le mie stesse mani!»
«Meglio se strappi i miei, di cuori!» replicò Murtagh, poi brandì la spada
sopra la testa e lanciò un selvaggio grido di guerra.
Ruggendo insieme al suo cavaliere, Castigo diede due rapidi battiti d'ali
per superare Saphira. Mentre saliva, fece un mezzo giro su se stesso in
modo da portare la testa proprio sopra il collo della dragonessa e così immobilizzarla con un solo morso alla base del cranio.
La reazione di Saphira non si fece attendere. Piegò il collo verso il basso
e portò le ali in avanti, e un attimo dopo si era già lanciata in picchiata, le
ali parallele al terreno polveroso a sostenere il suo peso instabile. Poi chiuse l'ala destra, e volse la testa a sinistra e la coda a destra, ruotando in senso orario. Colpì Castigo sul fianco sinistro con la coda muscolosa, spezzandogli l'ala in cinque punti diversi. Le estremità fratturate degli ossi cavi
gli trafissero le squame lucenti. Globuli di sangue bollente di drago piovvero su Eragon e Saphira. Una goccia schizzò sul retro della cuffia di Eragon e gli filtrò sotto la cotta di maglia fino alla pelle. Bruciava come olio
caldo. Eragon si strofinò il collo, cercando di ripulirsi.
Il ruggito di Castigo si trasformò in un lamento di dolore, e il giovane
drago passò accanto a Saphira ondeggiando, incapace di galleggiare nell'aria.
«Ben fatto!» le gridò Eragon mentre la dragonessa si raddrizzava. Poi dall'alto vide Murtagh prendere dalla cintura un piccolo oggetto rotondo e premerlo contro la spalla di Castigo. Non avvertì nessun flusso di
magia, ma quell'oggetto luccicava e, a mano a mano che gli ossi tornavano
a posto, l'ala spezzata del drago ebbe un sussulto, i muscoli e i tendini ondeggiarono e gli squarci si richiusero. Infine anche le ferite nel fianco del
drago si rimarginarono.
Come ha fatto? esclamò Eragon. Quell'affare deve aver liberato un incantesimo di guarigione, rispose Arya.
Avremmo dovuto pensarci anche noi.
Del tutto ristabilito, Castigo pose fine alla sua caduta e risalì verso Saphira a velocità prodigiosa, incendiando l'aria davanti a sé con una lancia
bollente di fuoco rosso scuro. Saphira si tuffò contro di lui, volando tutto
intorno a quella torre fiammeggiante, poi gli morse il collo, facendolo indietreggiare, gli graffiò le spalle e il petto con gli artigli anteriori e lo colpì
con le immense ali. Il bordo di quella destra agganciò Murtagh, scaraventandolo di lato sulla sella, ma il Cavaliere si riebbe subito e la colpì, aprendo uno squarcio di tre piedi nella membrana.
Sibilando, Saphira allontanò da sé Castigo scalciandolo con le zampe di
dietro ed eruttò un getto di fuoco, che si biforcò, passandogli ai lati senza
fare alcun danno.
Eragon sentì pulsare la ferita attraverso di lei. Fissò il taglio insanguinato, e i suoi pensieri iniziarono a correre. Se a combattere contro di lui non
ci fosse stato Murtagh, ma un qualsiasi mago, il giovane Cavaliere non avrebbe mai osato scagliare un incantesimo nel bel mezzo della battaglia,
perché in quel caso lo stregone si sarebbe convinto che ormai era una questione di vita o di morte, e, tentando il tutto per tutto, avrebbe risposto con
un disperato attacco magico.
Con Murtagh, invece, era diverso. Eragon sapeva che Galbatorix gli aveva ordinato di catturare lui e Saphira, non di ucciderli. Qualunque cosa
faccia, pensò, non proverà a uccidermi. Allora decise che avrebbe potuto
curare la dragonessa senza correre rischi. E comprese in ritardo che poteva
attaccare Murtagh con qualsiasi tipo di incantesimo: suo fratello non avrebbe saputo rispondere in maniera letale. Si chiese perché Murtagh aveva usato un oggetto magico per curare le ferite di Castigo invece di pronunciare lui stesso un incantesimo.
Forse vuole risparmiare le forze, azzardò Saphira. O forse non vuole
spaventarti. Galbatorix non sarebbe felice se Murtagh si servisse della
magia e tu, in preda al panico, ti suicidassi o uccidessi lui o Castigo. Ricorda, la più grande ambizione del re è averci tutti e quattro sotto il suo
comando, non morti, perché a quel punto saremmo liberi.
Dev'essere come dici tu, convenne Eragon.
Mentre si preparava a medicarle l'ala, Arya gli disse: Aspetta. Non farlo. Cosa? Perché? Non senti anche tu il dolore di Saphira?
Lascia che ce ne occupiamo io e i miei fratelli. Questa mossa confonderà Murtagh, e tu non verrai indebolito dallo sforzo.
Non siete un po' troppo lontani?
No, se uniamo le forze. E poi, Eragon, ti raccomandiamo di trattenerti
dal colpire Murtagh con la magia finché non lo farà lui per primo, con la
mente o con qualche incantesimo. Potrebbe essere più forte di te, anche se
ci siamo noi tredici elfi a prestarti la nostra forza. Non ne siamo sicuri. A
meno che non ci siano alternative, è meglio non esporsi troppo. E se non riesco a vincere?
Tutta Alagaësia cadrà nelle mani di Galbatorix.
Eragon avvertì che Arya si stava concentrando, poi il taglio nell'ala di
Saphira smise di lacrimare sangue e i contorni infiammati della delicata
membrana cerulea si fusero senza lasciare cicatrici né croste. Il sollievo
della dragonessa fu palpabile. Con voce appena affaticata, Arya disse:
Cerca di stare più attento. Non è stato facile.
Dopo che Saphira l'aveva colpito con un calcio, il drago rosso si era dimenato e aveva perso quota. D'un tratto virò di un quarto di miglio verso
ovest, probabilmente convinto che la dragonessa si fosse precipitata a inseguirlo, dato che cadendo aveva meno possibilità di proteggersi dai suoi
attacchi. Quando si accorse che Saphira non gli stava alle calcagna, Castigo risalì volando in circolo finché non si ritrovò un migliaio di piedi più su
rispetto a lei.
Allora richiuse le ali e si scagliò contro l'avversaria; aveva le fauci spalancate, che dardeggiavano fiamme, e gli artigli d'avorio sfoderati. Sul suo
dorso, Murtagh brandiva Zar'roc.
Quando Saphira chiuse un'ala e si lanciò in picchiata con una brusca virata vertiginosa, per poco Eragon non perse il falcione, ma poi la dragonessa la dispiegò di nuovo per rallentare la discesa. Se avesse chinato la testa all'indietro, Eragon avrebbe potuto vedere la terra sotto di loro. O forse
era sopra? Strinse i denti e si concentrò per mantenersi ben saldo in sella. Castigo e Saphira si scontrarono e a Eragon parve che la dragonessa si
fosse schiantata contro il dorso di una montagna. La forza dell'impatto lo
sbalzò in avanti e gli fece battere l'elmo contro una delle punte cervicali,
che scalfì lo spesso acciaio. Stordito, rimase in sella a guardare il cielo e la
terra scambiarsi di posto e vorticare senza uno schema preciso. Quando
Castigo le colpì il ventre scoperto, sentì Saphira rabbrividire. Se solo avesse avuto il tempo di infilarle la corazza che le avevano dato i nani... Una scintillante zampa color rubino le apparve attorno alla spalla e la dilaniò con gli artigli insanguinati. Senza pensarci, Eragon la colpì, frantumando una fila di squame e tagliando un ammasso di tendini. Tre dita si
afflosciarono. Eragon si accanì.
Ringhiando, Castigo si divincolò da Saphira. Mentre il corpulento drago
inarcava il collo e si riempiva i polmoni, Eragon si chinò, coprendosi il viso con il gomito. Un vorace inferno inghiottì Saphira. Grazie alle difese di
Eragon, il calore del fuoco non poteva far loro del male, ma la torrenziale
pioggia di fiamme incandescenti era comunque accecante.
Per uscire dal turbine di fuoco, Saphira virò a sinistra. Intanto Murtagh
aveva richiuso la ferita alla zampa di Castigo, che si scagliò di nuovo contro la dragonessa. Mentre scendevano in picchiata verso le grigie tende dei
Varden scartando a destra e a sinistra così in fretta da dare la nausea ai loro
Cavalieri, i due draghi ingaggiarono un serrato corpo a corpo. Saphira riuscì a conficcare le zanne nella cresta cornuta che spuntava dietro la testa di
Castigo, nonostante gli ossi appuntiti le pungessero la lingua. Castigo lanciò un grido e si dimenò come un pesce preso all'amo, cercando di liberarsi
dalla morsa, ma nulla poté contro la stretta di ferro delle mandibole di Saphira. I due draghi continuarono a precipitare l'uno accanto all'altro, come
foglie intrecciate.
Eragon si sporse e assestò un fendente alla spalla destra di Murtagh, non
tanto con l'intenzione di ucciderlo quanto di ferirlo abbastanza gravemente
da porre fine al combattimento. A differenza di quando combatté sulle
Pianure Ardenti, adesso Eragon era riposato e, col braccio veloce come
quello di un elfo, era fiducioso che Murtagh non avrebbe avuto scampo. Invece l'avversario levò lo scudo e bloccò il falcione.
La sua reazione fu così inaspettata che Eragon vacillò ed ebbe appena il
tempo di indietreggiare e respingere Zar'roc, la cui lama vibrò nell'aria a una velocità esorbitante e lo ferì a una spalla. Murtagh non perse tempo: lo colpì al polso e poi, quando Eragon si scagliò di lato, gli fece passare la lama sotto lo scudo. Riuscì a infilarla tra l'orlo dell'usbergo di maglia e la vita dei pantaloni, trafiggendogli il fianco sinistro. La punta di Zar'roc gli