Volodyk - Paolini2-Eldest
Soltanto adesso Eragon si concesse l'amaro lusso di piangere Murtagh. Il suo cuore era oppresso da una strisciante e spaventosa sensazione di perdita, resa ancor più dolorosa dal fatto che, nel corso degli ultimi mesi, gli era diventata sempre più familiare.
Mentre contemplava la lacrima sulla mano - una piccola goccia lucente - decise di ricorrere alla cristallomanzia per divinare i tre uomini. Sapeva che era un tentativo futile e disperato, ma doveva provare ugualmente per convincersi che Murtagh era davvero morto. Tuttavia non era del tutto sicuro di voler riuscire laddove Arya aveva fallito; quale consolazione avrebbe tratto dal vedere Murtagh sfracellato sul fondo di un abisso sotto il Farthen Dùr? Mormorò: «Draumr kópa.» Le tenebre pervasero la goccia, trasformandola in una minuscola cupola nera nel suo palmo d'argento; balenò un guizzo fulmineo, come un improvviso frullo d'ali davanti a una luna offuscata... poi più nulla. Un'altra lacrima raggiunse la prima.
Eragon trasse un profondo respiro, raddrizzò la schiena e tentò di rilassarsi. Da quando si era ripreso dalla ferita di Durza, aveva capìto, per quanto fosse umiliante, di aver vinto per un semplice colpo di fortuna. Se mai dovessi affrontare un altro Spettro, o i Ra'zac, o Galbatorix, dovrò essere più forte per assicurarmi la vittoria. Brom avrebbe potuto insegnarmi di più, lo so. Ma senza di lui, non ho che un'unica scelta: gli elfi.
Il respiro di Saphira accelerò, e la dragonessa aprì gli occhi con un immane sbadiglio. Buongiorno, piccolo mio. È buono davvero? Eragon abbassò lo sguardo e strinse con forza il bordo del materasso. È terribile... Murtagh e Ajihad... Perché le sentinelle nei tunnel non ci hanno avvertiti degli altri Urgali? Quei mostri non possono aver seguito il gruppo di Ajihad senza farsi notare... Arya aveva ragione, non ha senso.
Potremmo non conoscere mai la verità, disse Saphira in tono sommesso. Si alzò, e le ali sfiorarono il soffitto. Devi mangiare qualcosa, poi andremo a scoprire cos'hanno in mente i Varden. Non c'è tempo da perdere. Potrebbero scegliere un nuovo capo nel giro di poche ore.
Eragon assentì, ripensando alla scena che aveva lasciato la sera prima: Orik che correva da re Rothgar per annunciargli la triste novella, Jòrmundur che scortava il corpo di Ajihad dove avrebbe riposato fino alle esequie, e Arya che restava da sola a osservare quanto le accadeva intorno.
Eragon si alzò e prese sia Zar'roc che l'arco, poi si chinò a raccogliere la sella di Saphira. Una fitta lancinante gli percorse la spina dorsale; crollò a terra in preda alle convulsioni, con le braccia che annaspavano cercando di toccare la schiena. Era come se lo stessero segando in due. Saphira ringhiò quando fu raggiunta dalla sensazione straziante. Cercò di alleviare il dolore del giovane con la propria mente, ma senza esito. L'istinto la portò a sollevare di scatto la coda, come pronta a combattere.
L'attacco durò alcuni minuti per poi ridursi a una serie di spasmi sempre più lievi, lasciando Eragon boccheggiante. Aveva il volto madido di sudore, i capelli incollati alla testa e gli occhi che gli bruciavano. Piegò indietro il braccio e cercò a tastoni la parte superiore della cicatrice. Era bollente, infiammata e sensibile al tatto. Saphira abbassò il muso e gli sfiorò il braccio. Oh, piccolo mio...
È stata la crisi peggiore, disse lui, rialzandosi a fatica. La dragonessa lasciò che Eragon si appoggiasse a lei, mentre si asciugava il sudore con un telo per poi avviarsi barcollante alla porta.
Ti senti abbastanza in forze per andare?
Dobbiamo. È nostro obbligo, in quanto drago e Cavaliere, rendere una dichiarazione pubblica in merito alla scelta del prossimo capo dei Varden, e forse addirittura influenzarla. Non posso ignorare l'importanza della nostra posizione; ormai esercitiamo una grande autorità sui Varden. Se non altro, non ci sono i Gemelli a rivendicare la stessa posizione. È l'unica nota positiva in questa tragedia.
D'accordo, allora, ma Durza si meriterebbe mille anni di tormenti per ciò che ti ha fatto.
Eragon borbottò un assenso. Ma tu stammi vicina.
Insieme si avviarono nel dedalo di corridoi di Tronjheim, diretti alla cucina più vicina. La gente si fermava e s'inchinava al loro passaggio, mormorando "Argetlam" o "Ammazzaspettri". Perfino i nani accennavano il gesto, anche se non così spesso. Eragon rimase colpito dalle espressioni tetre e malinconiche degli umani, e dagli abiti scuri che indossavano in segno di lutto. Molte donne erano vestite di nero da capo a piedi, con veli di merletto drappeggiati sul viso. In cucina, Eragon prese un piatto di pietra colmo di cibo e si sedette a un tavolino basso. Saphira lo osservava con attenzione, nel caso gli venisse un'altra crisi. Molte persone provarono ad avvicinarsi, ma lei le tenne a distanza sollevando un labbro e ringhiando piano, chiaro monito a non fare un altro passo. Eragon fingeva di ignorare gli intrusi e piluccava il cibo. Alla fine, nel tentativo di distogliere la mente da Murtagh, chiese: Chi credi abbia i mezzi per controllare i Varden, ora che Ajihad e i Gemelli sono morti?
Saphira esitò. È possibile che sia tu, se le ultime parole di Ajihad devono essere interpretate come una benedizione a garanzia della successione. Non credo che qualcuno oserebbe opporsi. Tuttavia, non mi pare la giusta via da percorrere. Prevedo soltanto guai da quella parte.
Sono d'accordo. Tanto più che Arya non approverebbe, e potrebbe addirittura rivelarsi un pericoloso nemico. Gli elfi non possono mentire nell'antica lingua, ma non hanno scrupoli a farlo nella nostra... Arriverebbe perfino a negare che Ajihad abbia mai pronunciato quelle parole, se dovesse servire ai suoi scopi. No, non voglio quell'incarico... Che ne dici di Jormundur?
Ajihad lo chiamava il suo braccio destro. Purtroppo non sappiamo molto di lui o degli altri capi dei Varden. È passato troppo poco tempo da quando siamo arrivati qui. Dovremo esprìmere il nostro parere basandoci sulle nostre sensazioni e impressioni, senza il beneficio della storia.
Eragon spappolò tra le dita un grumo di crema di tubero. Non dimenticare Rothgar e i clan dei nani; non se ne staranno in disparte. Salvo Arya, gli elfi non potranno interferire nella successione... sarà presa una decisione prima che una sola parola di tutto questo li raggiunga. Ma non si possono ignorare i nani. Rothgar appoggia i Varden, ma se incontra l'opposizione di un numero sufficiente di clan, potrebbe essere indotto a sostenere qualcuno inadeguato al comando. E chi potrebbe essere?
Una persona facilmente manovrabile. Eragon chiuse gli occhi e appoggiò la schiena al muro. Potrebbe essere chiunque nel Farthen Dùr. Chiunque.
Per lunghi minuti rimasero in silenzio a riflettere su quanto li aspettava. Poi Saphira disse: Eragon, c'è qualcuno che vuole vederti. Non riesco a mandarlo via.
Eh? Eragon socchiuse piano gli occhi, per abituarli alla luce. Davanti al tavolo c'era un ragazzino pallido, che scrutava di continuo Saphira come se temesse di essere divorato da un momento all'altro.
«Cosa c'è?» chiese Eragon, brusco ma non scortese.
Il ragazzino trasalì, avvampò e s'inchinò con deferenza. «Sei stato convocato, Argetlam, al cospetto del Consiglio degli Anziani.»
«Chi sono?»
La domanda confuse ancor di più il ragazzo. «Il... il Consiglio è... sono... persone che noi... voglio dire i Varden... abbiamo scelto per parlare in nostra vece davanti ad Ajihad. Erano i suoi fidati consiglieri, e adesso desiderano vederti. È un grande onore!» concluse con un fugace sorriso. «Sarai tu a condurmi da loro?»
«Sì, io.»
Saphira scoccò a Eragon un'occhiata interrogativa. facendo cenno al ragazzo di mostrargli la strada. Mentre camminavano, il ragazzo s'illuminò nell'ammirare Zar'roc, poi abbassò gli occhi, intimidito.
«Come ti chiami?» gli chiese Eragon.
«Jarsha, signore.»
«È un bel nome. Sei stato bravo a riferire il messaggio; dovresti sentirti orgoglioso.» Jarsha sorrise raggiante e affrettò il passo.
Giunsero davanti a una porta convessa di pietra, che Jarsha aprì con una spinta. La sala all'interno era circolare, con un soffitto a volta color del cielo, decorato di costellazioni. Al centro c'era una tavola rotonda di marmo, intarsiata con lo stemma del Dùrgrimst Ingietum: un martello circondato da dodici stelle. Erano presenti Jòrmundur e altri due uomini, uno alto e magro, l'altro basso e tarchiato; una donna con le labbra strette, gli occhi ravvicinati, e le guance colorate da fitti disegni; e una seconda donna con una criniera di capelli grigi che incorniciavano un florido volto dall'aria materna, smentita dall'elsa di un pugnale che spuntava dalle prospere colline del corsetto.
«Puoi andare» disse Jòrmundur a Jarsha, che abbozzò un veloce inchino e si dileguò.
Consapevole di essere al centro dell'attenzione, Eragon esaminò la sala, poi prese posto in mezzo a una serie di scranni vuoti, costringendo i membri del consiglio a voltarsi per continuare a guardarlo. Saphira si accucciò alle sue spalle; Eragon ne sentiva l'alito caldo sulla testa.
Jòrmundur accennò appena ad alzarsi per abbozzare un inchino, e si risedette. «Grazie di essere venuto, Eragon, benché anche tu abbia sofferto un grave lutto. Ti presento Umérth» l'uomo alto, «Falberd» l'uomo tarchiato, «e Sabra ed Elessari» le due donne.
Eragon chinò la testa, poi domandò: «Anche i Gemelli facevano parte di questo consiglio?»
Sabra scosse il capo con foga, tamburellando sul marmo con un'unghia affilata. «Quegli individui non avevano nulla a che fare con noi. Erano vermi... vermi della peggior specie... sanguisughe che agivano soltanto per i propri interessi. Non avevano alcuna intenzione di servire i Varden, e quindi non c'era posto per loro in questo consiglio.» Pur essendoci una grande distanza fra loro, Eragon riusciva a sentire il suo profumo, pungente e viscido, come quello di un fiore in putrefazione. Represse un sorriso al pensiero.
«Basta. Non siamo qui per parlare dei Gemelli» disse Jòrmundur. «Ci troviamo ad affrontare una crisi che occorre superare in fretta, e con la massima efficienza. Se non scegliamo noi il successore di Ajihad, ci penserà qualcun altro. Rothgar ci ha già espresso le sue condoglianze, ma nonostante i suoi modi più che garbati, sono sicuro che sta già elaborando una sua strategia. Dobbiamo inoltre considerare il Du Vrangr Gata, gli stregoni del Tortuoso Cammino. La maggior parte di loro sono leali ai Varden, ma è difficile prevedere le loro mosse persino quando la situazione è tranquilla. Potrebbero decidere di opporsi alla nostra autorità al fine di perseguire i loro obiettivi. Ecco perché ci serve il tuo appoggio, Eragon: per garantire la legittimità a chiunque sia destinato a prendere il posto di Ajihad.» Falberd issò la sua mole dalla sedia, piantando le mani carnose sul marmo. «Noi cinque abbiamo già deciso chi sostenere. Fra di noi, nessuno dubita di chi sia la persona giusta. Ma» aggiunse, sollevando il grasso indice, «prima di rivelarti il suo nome, vogliamo la tua parola d'onore che non una virgola della nostra discussione uscirà da questa sala, che tu sia d'accordo con noi oppure no.»
Perché vogliono questo da me? domandò Eragon a Saphira.
Non lo so, rispose lei sbuffando. Potrebbe essere una trappola. ..È un rischio che devi correre. Ricorda, però, che a me non hanno chiesto alcun impegno. Potrò sempre riferire ad Arya quanto diranno, se necessario. Sciocco da parte loro, dimenticare che sono intelligente quanto un essere umano.
Confortato da quel pensiero, Eragon disse: «D'accordo, avete la mia parola. E dunque, chi volete che comandi i Varden?»
«Nasuada.»
Colto alla sprovvista, Eragon abbassò lo sguardo per riflettere alla svelta. Non aveva preso in considerazione Nasuada per la successione, a causa della sua giovane età: era di appena qualche anno più grande di lui. Non esisteva alcun motivo concreto, ovviamente, perché non fosse lei ad assumere l'incarico, ma quali recondite ragioni erano celate dietro la scelta del Consiglio degli Anziani? In che modo ne avrebbero tratto vantaggio? Rammentò i consigli di Brom e cercò di esaminare la situazione da ogni angolatura possibile, sapendo che doveva decidere in fretta.
Nasuada ha i nervi d'acciaio, osservò Saphira. Potrebbe essere come suo padre.
Forse, ma quali sono le ragioni dietro questa scelta?
Per guadagnare tempo, Eragon domandò: «Perché non tu, Jòrmundur? Ajihad ti considerava il suo braccio destro. Non dovresti essere tu a prendere il suo posto ora che è morto?»
Un fremito d'inquietudine pervase il consiglio: Sabra raddrizzò la schiena, le mani intrecciate avanti a sé; Umérth e Falberd si scambiarono sguardi cupi, mentre Elessari si limitò a sorridere, l'elsa del pugnale che scintillava nel solco dei seni.
«Perché» rispose Jòrmundur, scegliendo le parole con cura «Ajihad si riferiva alle questioni militari, nient'altro. Inoltre, Lui si strinse nelle spalle e lasciò il piatto pressoché intatto, sono membro di questo consiglio, che ha potere solo perché ci sosteniamo l'un l'altro. Sarebbe stupido e avventato da parte di uno qualsiasi di noi elevarsi al di sopra degli altri.» Il consiglio si acquietò al termine del breve discorso, ed Elessari battè il palmo sul braccio di Jòrmundur.
Hai esclamò Saphira. Probàbilmente avrebbe già rivendicato la posizione, se avesse trovato il modo di farsi sostenere dagli altri. Guarda come lo fissano. Sembra un lupo in mezzo a loro.
Un lupo in mezzo a un branco di sciacalli, direi.
«Nasuada possiede sufficiente esperienza?» indagò Eragon.
Elessari protese le sue forme sul tavolo. «Ero qui già da sette anni quando Ajihad si unì ai Varden. Ho visto crescere Nasuada e trasformarsi da bambina vivace nella donna che è ora. Forse un po' impulsiva in certe occasioni, ma perfetta per guidare i Varden. Il popolo l'amerà. E io» dichiarò, battendosi orgogliosamente il petto «e i miei amici saremo qui per guidarla in questi tempi difficili. Non resterà mai senza qualcuno che le indichi la via. L'inesperienza non sarà un ostacolo al ruolo che le compete!»
Eragon afferrò al volo. Vogliono una marionetta!
«Le esequie di Ajihad si terranno fra due giorni» intervenne Umérth. «Subito dopo, abbiamo in programma di designare Nasuada come nostro nuovo capo. Dobbiamo ancora chiederglielo, ma siamo sicuri che accetterà. Vogliamo che tu sia presente alla nomina, perché in tal caso nessuno, nemmeno Rothgar, potrà lamentarsi della designazione. E vogliamo un tuo giuramento di fedeltà ai Varden. Questo servirà a restituire al popolo la fiducia che ha smarrito con la morte di Ajihad, e impedirà qualsiasi tentativo di disgregare questa organizzazione.»
Fedeltà!
Saphira sfiorò la mente di Eragon. Nota bene, non vogliono che giurì fedeltà a Nasuada... solo ai Varden. Già, e vogliono essere loro a designare ufficialmente Nasuada, per ribadire la supremazia del consiglio. Avrebbero potuto chiedere ad Arya o a noi di farlo, ma questo significherebbe riconoscere la superiorità del designatore su tutti i Varden. In questo modo, invece, rafforzano la loro autorità su Nasuada e ottengono il controllo su di noi attraverso il giuramento di fedeltà, con il vantaggio supplementare di avere un Cavaliere che sostiene Nasuada in pubblico. «Che succede» domandò «se decido di non accettare la vostra proposta?»