Volodyk - Paolini1-Eragon.doc
«Cos'è?» domandò Eragon.
«Un olio, estratto dai petali della Seithr, una pianta che cresce su una piccola isola nei freddi mari settentrionali. Allo stato naturale, quest'olio viene usato per preservare le perle; le rende lustre e resistenti. Ma se vengono pronunciate particolari parole su quest'olio, insieme a un sacrificio di sangue, esso acquista la proprietà di devastare la carne. Questa non sarebbe una caratteristica tanto particolare: esistono un'infinità di acidi in grado di dissolvere muscoli e ossa. Solo che quest'olio lascia tutto il resto intatto. Puoi immergervi qualunque cosa ed estrarla integra, a meno che non facesse parte di un animale o di un essere umano. Questo lo rende uno strumento ideale per la tortura o l'omicidio. Si può conservare nel legno, intingervi la punta di una lancia, o lasciarlo gocciolare sulle lenzuola affinchè la persona che le tocca bruci viva. Ci sono una miriade di usi per quest'olio, limitati soltanto dall'inventiva di chi lo utilizza. Le ferite che provoca sono lente a guarire, È piuttosto raro e costoso, specie in questa forma alterata.»
Eragon rammentò le terribili ustioni che aveva visto sul corpo di Garrow, Ecco che cosa hanno usato su di lui, capì con orrore. «Mi chiedo perché i Ra'zac lo abbiano lasciato indietro, se è così prezioso.»
«Devono averlo perso mentre volavano via.»
«Ma perché non sono tornati indietro a prenderlo? Dubito che il re li perdonerà quando scoprirà questa mancanza.»
«Giusto» disse Brom. «ma li perdonerebbe ancora meno se tardassero a portargli tue notizie. Sta' sicuro che se i Ra'zac lo hanno raggiunto, il re ora conosce il tuo nome. E questo vuoi dire che dobbiamo stare molto più attenti quando entriamo in una città. Ci saranno messaggi che ti riguardano affissi in tutto l'Impero.»
Eragon tacque per riflettere. «Quest'olio... quanto è raro, di preciso?»
«Quanto un diamante in un porcile» rispose Brom, asciutto. Poi aggiunse, con maggiore dolcezza: «In realtà quest'olio viene usato soprattutto dai gioiellieri, ma solo da coloro che se lo possono permettere.»
«Perciò esistono dei commercianti che lo vendono?»
«Forse uno, al massimo due.»
«Bene» disse Eragon. «Secondo te, le città costiere tengono i registri delle spedizioni?» Gli occhi di Brom s'illuminarono. «Naturalmente! Se riusciamo a controllare quei registri, scopriremo chi ha portato l'olio a sud e che direzione ha preso.»
«E il registro degli acquisti dell'Impero ci dirà dove vivono i Ra'zac!» concluse Eragon. «Non so quante persone possono permettersi quest'olio, ma credo che sia difficile trovarne anche solo una che non lavori per l'Impero.»
«Geniale!» esclamò Brom con un sorriso. «Vorrei averci pensato io anni fa; mi sarei risparmiato un sacco di grattacapi. La costa è disseminata di città e villaggi dove le navi possono attraccare. Suppongo che Teirm sia la località più adatta per cominciare, dato che controlla la maggior parte dei commerci.» Brom fece una pausa. «Per quanto ne so, il mio vecchio amico Jeod si è stabilito lì. Non ci vediamo da parecchi anni, ma sono sicuro che ci aiuterà, E dato che è un mercante, è possibile che abbia accesso a quei registri.»
«Come arriviamo a Teirm?»
«Dobbiamo procedere in direzione sudovest finché non raggiungiamo un valico sulla Grande Dorsale. Una volta superato il passo, seguiremo la costa fino a Teirm» disse Brom. Una brezza leggera gli scompigliò i capelli.
«Ce la facciamo a raggiungere il passo in una settimana?»
«Sicuro. Se ci allontaniamo dal Ninor verso destra, riusciremo a vedere le montagne per domani.» Eragon si avvicinò a Saphira e le montò in sella. «Ci vediamo a cena, allora.» Quando furono a una certa altezza, disse: Domani monterò Cadoc. Prima che tu possa protestare sappi che lo faccio solo perché voglio parlare con Brom.
Dovresti cavalcare con lui un giorno sì e uno no. Così potrai continuare a ricevere la tua istruzione, e io avrò tempo di andare a caccia.
Non ti dispiace?
È necessario.
Quando atterrarono, Eragon fu felice di scoprire che le gambe non gli facevano male. La sella lo aveva ben protetto dalle squame di Saphira.
Eragon e Brom praticarono il loro allenamento serale, ma senza energia, perché erano entrambi preoccupati per gli eventi della giornata. Quando ebbero finito, le braccia di Eragon bruciavano per lo sforzo di sostenere il peso di Zar'roc.
UN INTERMEZZO CANORO
I
l giorno seguente, mentre cavalcavano insieme, Eragon chiese a Brom: «Com'è il mare?» «Avrai pur sentito qualche descrizione, prima» disse Brom.
«Sì, ma com'è davvero?»
Gli occhi di Brom si velarono, come se stesse guardando una scena lontana. «Il mare è un'emozione incarnata. Il mare ama, odia, e piange. Sfida ogni tentativo di catturarlo a parole e rifiuta ogni pastoia. Qualunque cosa tu dica di lui, c'è sempre qualcosa che ti sfuggirà. Ricordi quando ti dissi che gli elfi venivano dal mare?»
«Sì.»
«Sebbene vivano lontani dalla costa, conservano sempre una grande passione per l'oceano. Il rumore delle onde che si frangono, l'odore salmastro dell'aria li affascinano enormemente e hanno ispirato molte delle loro canzoni più belle. Ce n'è una che parla di questo amore, se ti va di sentirla.»
«Mi piacerebbe» disse Eragon, curioso.
Brom si schiarì la gola e disse; «La tradurrò dall'antica lingua meglio che potrò. Non sarà perfetta, ma forse ti darà un'idea di come suonava in origine.» Fece fermare Fiammabianca e chiuse gli occhi. Tacque per un istante, poi intonò con voce dolce:
Oh, mare tentatore sotto l'azzurro cielo.
la tua distesa scintillante mi brama e mi chiama. Veleggerei per sempre nel sole e nel gelo, ma c'è un'elfica fanciulla che mi ama e mi chiama. A sé mi attira con le sue trecce bionde.
Ahimè, il mio cuore languefra la terra e le onde.
Le parole riecheggiarono lugubri nella mente di Eragon. «Questa canzone si intitola Du Silbena Datìa ed è molto più lunga di così. Io ti ho recitato una sola strofa. Narra la triste vicenda di due innamorati. Acallamh e Nuada, che furono separati dallo struggimento per il mare. Gli elfi trovano questa storia densa di significato.»
«È bellissima» disse Eragon semplicemente.
Quando si fermarono per la notte, la Grande Dorsale si stagliò come un debole nastro scuro all'orizzonte.
Quando arrivarono alle colline ai piedi della Grande Dorsale, cambiarono direzione e seguirono le montagne verso sud. Eragon si sentì felice di essere di nuovo vicino alle montagne; davano al mondo confortanti confini. Tre giorni dopo raggiunsero un'ampia strada segnata dai solchi lasciati dalle ruote dei carri. «Questa è la strada principale che collega la capitale. Urù'baen, e Teirm» disse Brom. «È molto battuta perché è la rotta preferita dai mercanti. Dobbiamo stare più attenti. Questo non è il periodo più movimentato dell'anno, ma qualcuno può sempre passare.»
I giorni trascorsero rapidi mentre i due viaggiatori continuavano a seguire la Dorsale, cercando il valico di cui aveva parlato Brom. Eragon non poteva certo lamentarsi della noia. Quando non era impegnato ad apprendere la lingua elfica, imparava a prendersi cura di Saphira o si esercitava nella magia. Imparò anche a uccidere la selvaggina con la magia, il che risparmiava loro lunghe ore di appostamenti. Prendeva un piccolo sasso con la mano e lo scagliava contro la preda. Non falliva mai il bersaglio: i risultati dei suoi sforzi arrostivano sul fuoco ogni sera. E dopo cena. Brom ed Eragon si allenavano con le spade, e qualche volta a mani nude.
Le lunghe giornate in movimento e lo strenuo lavoro liberarono il corpo del ragazzo di ogni mollezza. Le sue braccia divennero fasci di nervi; sotto la pelle abbronzata guizzavano muscoli asciutti. Mi sto indurendo, e non solo nel fisico, pensava con una certa amarezza. Quando finalmente raggiunsero il valico, si trovarono la strada tagliata da un fiume che scorreva dal passo. «Questo è il Toark» spiegò Brom. «Lo seguiremo fino al mare.»
«Come facciamo» disse Eragon con una risata. «se scorre dalla Dorsale in questa direzione? Non può finire nell'oceano, a meno che non ripieghi su se stesso.»
Brom rigirò l'anello d'oro attorno al dito. «In mezzo alle montagne si trova il Lago Guadoscuro. Da ciascuna estremità del lago scorre un fiume, ed entrambi si chiamano Toark. In questo momento stiamo guardando quello che va verso oriente. Scorre verso sud e attraversa la prateria fino a gettarsi nel Lago di Leona. L'altro scorre verso il mare.»
Dopo due giorni sulla Grande Dorsale, raggiunsero un altopiano da cui potevano vedere il panorama nitido delle montagne. Eragon notò come la terra si appiattiva in lontananza, e brontolò pensando alle leghe che dovevano ancora percorrere. Brom tese il braccio per mostrargli qualcosa. «Laggiù, verso nord, c'è Teirm. È un'antica cittadina. Alcuni sostengono che fu lì che gli elfi sbarcarono per la prima volta in Alagasëia. La cittadella non è mai caduta, e i suoi guerrieri non sono mai stati sconfitti.» Spronò Fiammabianca e lasciò l'altopiano.
La discesa attraverso le colline ai piedi dei monti durò fino a mezzogiorno del giorno dopo, quando giunsero sull'altro versante della Grande Dorsale, dove la terra ricoperta di foreste si distendeva in una pianura. Senza le montagne a nasconderla, Saphira volava rasoterra, usando dossi e avvallamenti per nascondersi.
Oltre la foresta notarono un cambiamento. La campagna era coperta di morbida torba e cespugli di erica in cui i loro piedi affondavano. Il muschio ricopriva ogni pietra e ramo e costeggiava i numerosi torrenti. Pozzanghere fangose costellavano la strada dove i cavalli avevano calpestato il terreno. In breve tempo. Brom ed Eragon si ritrovarono tutti schizzati di melma.
«Perché è tutto verde?» chiese Eragon. «Non hanno l'inverno, qui?»
«Sì, ma la stagione è mite. La nebbia e l'umidità arrivano dal mare e mantengono tutto in vita. C'è chi lo trova di suo gradimento, ma per me è lugubre è deprimente.»
Al calar della sera, si accamparono nel luogo più asciutto che riuscirono a trovare. Mentre mangiavano. Brom commentò: «Dovresti montare Cadoc finché non arriviamo a Teirm, È probabile che incontreremo altri viaggiatori, ora che abbiamo lasciato la Dorsale, ed è meglio se rimani con me. Un vecchio che viaggia da solo suscita sospetti. Con te al mio fianco, nessuno farà domande. E poi non voglio arrivare in città e incontrare qualcuno che mi ha visto da solo sulla strada, pronto a chiedersi da dove sei spuntato.»
«Useremo i nostri nomi?» disse Eragon.
Brom riflette un istante. «Non potremo ingannare Jeod. Lui conosce già il mio nome, e credo che possiamo fidarci a dirgli il tuo. Ma per gli altri, io sarò Neal, e tu mio nipote Evan. Se qualche volta ci sfugge lo stesso la verità, probabilmente non farà differenza, ma non voglio che i nostri nomi restino impressi a qualcuno. La gente ha la fastidiosa abitudine di ricordarsi le cose che non dovrebbe.»
TEIRM
D
opo due giorni di viaggio verso nord, verso l'oceano, Saphira fu la prima ad avvistare Teirm. Una pesante cappa di nebbia aleggiava sul terreno, impedendo a Brom ed Eragon di vedere in lontananza, finché da ovest non prese a soffiare una brezza sostenuta che dissipò
il velo grigio. Eragon rimase a bocca aperta quando finalmente comparve Teirm, la cittadina bagnata dal mare scintillante, dove fiere navi erano ormeggiate con le vele imbrogliate. In lontananza si udiva il sordo fragore della risacca.
La città era cinta da una muraglia bianca alta cento piedi e spessa trenta, con file di feritoie rettangolari e un camminamento in cima per i soldati e le sentinelle. La superficie liscia della muraglia era interrotta da due saracinesche di ferro, una che affacciava a ovest, sul mare, l'altra che si apriva a sud, sulla strada. Al di sopra della muraglia, addossata alla sua sezione settentrionale, si ergeva un'enorme fortezza fatta di pietre gigantesche e torrette. Nella torre più alta riluceva la lanterna di un faro. Il castello era l'unica cosa visibile al di là della fortificazione. C'erano alcuni soldati a guardia del cancello sud, ma reggevano le lance con noncuranza. «Questo è il nostro primo esame» disse Brom. «Speriamo che non abbiano ancora ricevuto nostre notizie dall'Impero e che non ci arrestino. Qualunque cosa accada, non farti prendere dal panico e non comportarti in maniera sospetta.»
Eragon si rivolse a Saphira. Adesso atterra da qualche forte e nasconditi. Noi entriamo. Per andare a ficcare in naso dove non dovreste. Di nuovo, commentò lei, acida.
Lo so. Ma Brom e io godiamo di certi vantaggi che la maggior parte della gente non possiede. Andrà tutto bene.
Se qualcosa va storto, ti inchioderò al mio dorso e non ti lascerò più andare.
Anch'io ti voglio bene.
Ti legherò stretto.
Eragon e Brom avanzarono verso il cancello con aria disinvolta. Sull'ingresso sventolava un vessillo giallo con la figura di un leone rampante e una mano che stringeva un giglio. Mentre si avvicinavano alla muraglia, Eragon domandò, stupito: «Quanto è grande questo posto?» «È più grande di qualunque città tu abbia mai visto» rispose Brom.
Due sentinelle sorvegliavano l'ingresso a Teirm, le lance in pugno. «Nome!» disse una di loro in tono annoiato.
«Io sono Neal» rispose Brom con voce arrochita, le spalle curve, un'espressione di beata idiozia sul volto.
«E quest'altro chi è?» chiese la guardia.
«Be', ci stavo arrivando, È mio nipote, Evan, il figlio di mia sorella, non...»
La guardia annuì impaziente. «Sì, sì, ho capito. Che cosa siete venuti a fare qui?»
«Andiamo a trovare un suo vecchio amico» intervenne Eragon, adeguandosi al linguaggio spiccio. «Io lo accompagno perché magari si perde, se capite cosa intendo. Non è più tanto giovane, e ha preso un sacco di sole quando lo era. È rimasto un po' tocco per via della febbre, sapete.» Brom dondolò la testa come un vecchio rimbambito «Mmm, passate» disse la guardia, abbassando la lancia. «Ma tu bada che il vecchio non combini qualche pasticcio.»
«Oh, non temete» promise Eragon. Spronò Cadoc, e i due entrarono a Teirm. Gli zoccoli dei cavalli sul selciato facevano uno schiocco di nacchere.
Una volta lontani dallo sguardo delle sentinelle. Brom raddrizzò la schiena e borbottò: «Un po' tocco, eh?»